Abbiamo atteso con parecchio interesse questo esordio di The Last Dinner Party, a partire dal loro primo singolo “Nothing Matters” hanno iniziato un percorso che ha abbastanza velocemente alzato un notevole hype nei loro confronti, e vederle all’opera in un lavoro sulla lunga distanza rappresenta un banco di prova al quale ormai non potevano più sottrarsi.

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In pochissimo tempo hanno raccolto sempre maggiori consensi aiutate dai loro ulteriori singoli e da esibizioni live convincenti e entusiasmanti sempre sold out nei quali hanno dimostrato ampiamente che sono una band che sa il fatto suo, aiutate da componenti che sono musiciste a tutto tondo alcune provenienti anche da studi classici, l’ottima chitarrista Emily Roberts con studi di chitarra jazz che l’ha portata ad essere finalista alla BBC Young Jazz Musician del 2020, cosi’ come Aurora Nischevi alle tastiere anche lei proveniente dalla Guildhall School of Music and Drama e soprattutto la figura della cantate Abigail Morris che ha carisma da vendere sia sul palco che fuori.

Si sono così ritrovate ben presto tra le mani dell’esperto James Ford, finite sotto contratto con una major come la Universal, esibirsi come band di supporto dei Rolling Stones e vincere anche il titolo di Rising Star 2024 all’interno dei Brit Awars, un titolo ben augurante visti i vincitori delle precedenti edizioni, artisti del calibro di Sam Fender, Adele, Florence + The Machine.

Questo inizio di carriera, che sembra essere partita al galoppo, potrebbe però riservare a queste giovani ragazze qualche trabocchetto e caduta inaspettata ma la band sembra essere solida e con idee chiare, idee che esprimono con un look particolare e scenico (abiti ottocenteschi e accenni glam), e un sound carico con una produzione barocca e pomposa che tradisce e richiama la loro passione per Sparks e Queen.

Questo aspetto teatrale, la ricerca di un immagine ricercata e la iper produzione dei loro pezzi le espone ovviamente alle critiche dei puristi con la puzza sotto al naso (cosa che era capitata anche alle Wet Leg per le quali alcuni avevano una certa difficoltà a riconoscere le qualità di una band che aveva esordito con un album assolutamente delizioso), invece ascoltando dall’inizio alla fine il loro primo album il tutto si trasforma in valore aggiunto e le pone come una fresca eccitante proposta.

Ascoltandole senza preconcetti e in assenza di pregiudizi risulta abbastanza facile riconoscere come queste giovani ragazze mostrino una compattezza nel sound che ha il merito (colpa?) di avere anche una naturale valenza mainstream ricercata senza però mai sfociare nella banalità, tra agganci pop e sviluppi personali e validi accompagnati da testi nei quali, tra espressioni fluide, esprimono immagini di donne con forte personalità padrone del proprio destino e storie d’amore cariche di immagini forti e drammaticamente teatrali.

L’album inizia con una overture, un preludio all’estasi carico di strumentazione classica che ci cala in un’atmosfera cinematografica e ci prepara a “Burn Alive” che scalda i motori di un ascolto che a breve si rivelerà per certi veri sorprendente, la cantante Abigail Morris ha una presenza vocale attraente e importante, una somiglianza con Florence Welch che a tratti appare ma non influenza un atteggiamento personale che dona interpretazioni cariche di personalità.

Diversi brani li avevamo già ascoltati e apprezzati (“Caesar On A Tv Screen” con i suoi cambi di ritmo e melodia, “Nothing Matters” e “Sinner” con il loro irresistibile aggancio pop, “My Lady Of Mercy” tra clap hands ed esplosione rock) ma in realtà l’album nasconde altri piccoli gioiellini che rendo il tutto qualitativamente uniforme.

In particolare è la parte centrale che iniziando con “The Feminine Urge” non sbaglia un colpo anche quando il ritmo cala, “On Your Side” è assolutamente deliziosa nel raccontare amori sbagliati che riescono a tenerti legato o “Beautiful Boy” che celebra con invidia il privilegio della bellezza maschile e anche l’intensa “Portrait Of A Dead Girl”.

Non delude neanche “Mirror’ che chiude più che degnamente un album che sembra non avere riempitivi e non sbaglia un colpo, grande esordio prodotto e arrangiato con assoluta cura per una band che sembra ormai proiettata verso il successo.

The Last Dinner Party riescono a offrire un album convincente e maturo, con un sound pieno e barocco e tanta personalità le ragazze mostrano di non aver paura di mostrarsi eccessive e ambiziose, ci invitano alla loro ultima cena di una lunga serie e quindi mettiamoci pure seduti e banchettiamo, non è mai troppo tardi per un pizzico di edonismo.