Ritorna l’indie-pop a tinte electro/new-wave dell’istrionico duo di Salt Lake City (Utah), I Dont Know How But They Found Me (che noi, per ovvi motivi di praticità, abbrevieremo con la sigla ‘iDKHOW’). Dallon Weekes (bassista e voce principale) e Ryan Seaman (batterista), infatti, sono giunti al fatidico traguardo del secondo album in studio, “Gloom Division”.

Credit: Manic Project

Cominciamo subito col dire che si tratta di un disco che si infila un po’ nel solco tracciato dal precedente lavoro pubblicato dai nostri, quel “Razzmatazz” che non aveva entusiasmato particolarmente pubblico ed addetti ai lavori. In verità, ascoltando alcuni brani dei dodici che vanno a comporre la tracklist, sembra quasi di trovarsi al cospetto dell’Alan Palomo (Neon Indian) prima maniera (vedere alla voce, “Sixft”) e questo, almeno per chi scrive, non rappresenta necessariamente un bene. Anzi.

Già, perché nei suoni patinati dal (solito, oramai abusatissimo) retrogusto eighties, non vi è traccia di un sola peculiarità che riesca a far contraddistinguere la band in questo mare magnum di gruppi (più o meno simili) al duo americano. Ed in tal senso non fa eccezione nemmeno il bel giro di basso proposto nella traccia numero sette del lotto: l’illusoria “Find Me”.

Sì, perché il pezzo appena citato non è altro che una copia (sbiadita, naturalmente) dei Cure più glitterati di (circa) quarant’anni or sono. E cosa dire di “Infatuation” se non che assomiglia ad una vecchia b-side dei (furono) Fun? Anche quando provano a spingersi in territori che si trovino un po’ più in là rispetto alla propria comfort zone, gli iDKHOW fanno alquanto fatica a risultare incisivi. Come nel caso della buona – ma che sa di già sentito – “Kiss & Tell”. Volendo, si potrebbe apprezzare l’incedere funkeggiante (e da black-music) di “What Love?”, nonché la schizofrenia-psichedelica di un brano come “Satanic Panic”. Ma si tratta di quisquilie, di meri episodi, di piccoli lampi che vanno ad illuminare – e solo per pochi attimi – il grigiore ancestrale di un cielo incredibilmente piatto.

Non ce ne vogliano Weekes e Seaman, ma questo “Gloom Division” è un disco che non graffia come vorrebbe. Ed allora, provando a tirare un po’ le somme e non volendo infierire più del dovuto, ci limitiamo a sottolineare la mancanza di originalità (e di “vision”) di un lavoro in cui si sarebbe potuto (e dovuto) osare sicuramente di più.

Nessuno attendeva un disco del livello di “The Joshua Tree” dagli iDKHOW, ci mancherebbe. Epperò, dopo più di un decennio di musica, dischi, EP (come quel piccolo gioiellino di “1981″) e di live sul groppone, forse era lecito aspettarsi un secondo album che suonasse meglio di così.

Pazienza. Sarà per la prossima volta.