Credit: Irene Trancossi

Intervistare una band come I Segreti e più in particolare il cantante Angelo Zanoletti, significa immergersi in un macrocosmo musicale impregnato di Arte vera e di vita vissuta. Un po’ quel che accade, del resto, ascoltando il nuovo album della band emiliana, “Bellissimo”, da noi recensito poche settimane or sono.

Già. Perché quello degli autori di brani che assomigliano a piccoli inni contemporanei quali “Vienimi A Salvare” o la stessa “Cose Piccole”, è un universo sonoro in cui sfumature cantautorali, testi taglienti e synths s’incastrano quasi alla perfezione come dei pezzi di un puzzle decisamente accattivante. Non solo.

Anche dal vivo, infatti, i Nostri sanno dannatamente il fatto loro ed il tour che stanno portando in giro per il Vecchio Stivale – da Milano a Caserta, passando per la loro città natale (Parma) – non rappresenta altro che l’ennesima riconferma per una band che, oramai, comincia ad avere un repertorio maledettamente evocativo e cool. Poco da dire.

Di seguito, la nostra intervista a Zanoletti.

Ciao Angelo. In primis, lasciami dire che è un piacere scambiare quattro chiacchiere con te. A tal proposito partirei subito da una riflessione personale: ascoltando “Bellissimo” non ho potuto fare a meno di pensare che si tratti di un album “primaverile”, per certi versi gioioso, una sorta di contraltare al precedente e più riflessivo, “Qualcosa Da Risolvere”…
Sì, diciamo che il tuo punto di vista non è sbagliato. Con “Bellissimo” abbiamo provato a descrivere le nostre emozioni ed i nostri stati d’animo, che forse corrispondono ad un mood più propositivo. Del resto, viviamo in una quotidianità fatta di contraddizioni e bisogna conviverci in qualche modo.

“Bellissimo”, tra l’altro, oltre a riferimenti un po’ più moderni come i furono Thegiornalisti, per esempio, mi ha fatto venire in mente i primi dischi degli Stadio, oltre che, naturalmente, quelli di un certo tipo di brit pop. Cosa ne pensate? Sono fuori strada? 
Beh, sono tutti paragoni che ci possono stare. Io e gli altri componenti della band siamo cresciuti con dei riferimenti musicali diversi, ma che riescono a dare una sorta di completezza alla nostra musica. C’è chi è più legato al brit pop degli Oasis, chi è cresciuto ascoltando i Beatles, chi guarda di più alla musica elettronica e così via.”

Com’è stato lavorare con un fuoriclasse della produzione quale è Matteo Cantaluppi? 
Collaborare con Matteo è stato molto semplice e stimolante. E’ stato un lavoro d’insieme, di squadra. Volevamo realizzare un album che potesse essere ascoltato al meglio, dall’inizio alla fine. Ecco perché, tra l’altro, abbiamo deciso di dividerlo in due parti.

Nella recensione di “Vienimi A Salvare”, che ho curato per la nostra rubrica “Brand New”, ho sottolineato il fatto che evocasse – da un punto di vista strettamente personale, ovviamente – alcune scene epiche dei film di John Hughes e, più in generale, di tutto l’immaginario cinematografico degli eighties. Quanto vi ha influenzato quel decennio durante la realizzazione di “Bellissimo”? 
Beh, senza dubbio è un decennio che amiamo. Fa parte un po’ del percorso e degli ascolti di cui parlavo poc’anzi. Quando realizzi un disco i riferimenti sono tanti. E’ inevitabile. Diciamo che non abbiamo mai realizzato o progettato un disco per cercare di piacere a tutti costi, buttandoci su questa o quella tendenza. Ci teniamo molto a preservare la nostra libertà espressiva e la nostra voglia di fare un certo tipo di musica che risulti piacevole sia a noi che a chi ci ascolta.

Quanto c’è di autobiografico nelle canzoni che scrivete?
Beh, all’interno delle nostre canzoni esiste sicuramente una componente autobiografica, o, comunque, relativa all’esperienza accumulata nel corso degli anni da ognuno di noi. Anche la stessa dimensione live, se vogliamo, ci ha permesso di confrontarci con delle realtà nuove e questa cosa riesce a creare sempre degli stimoli ulteriori.

A proposito di “live”, adesso che il disco è fuori, quali sono i prossimi step?
Siamo concentrati sul tour in giro per l’Italia. Abbiamo già suonato a Parma ed anche nei prossimi concerti proveremo a dare voce ad una parte di quello che è stato il nostro percorso musicale, suonando le canzoni che più ci rappresentano e che più sono apprezzate da coloro che ascoltano la nostra musica.

Ringraziandoti per la chiacchierata, ne approfitto per un’ultima domanda: alla fine ci sei stato a New York così come canti in “Adiòs”?
Grazie a te, Francesco e ad Indie For Bunnies. Per quanto riguarda “Adiòs”, ti posso dire che si tratta senza ombra di dubbio della canzone più “rock” della band, nonché di quella più scanzonata e “reazionaria”, nel senso che rappresenta una sorta di reazione alla monotonia del vivere quotidiano. E no, a New York non ci sono ancora stato…