Fiumi di rabbia e tanta sana tensione caratterizzano le nove tracce del terzo album dei Last Train, un quartetto francese di belle speranze nato una decina di anni fa sui banchi di una scuola di un piccolo comune dell’Alsazia chiamato Altkirch. Dopo aver raccolto non pochi successi in madrepatria il gruppo, guidato dal cantante e chitarrista Jean-Noël Scherrer, sembra pronto a fare il grande salto verso il resto del mondo, forte di brani interpretati solo in lingua inglese e delle esperienze accumulate aprendo i concerti per pezzi da novanta come Placebo e Muse.

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Nell’alternative rock dei Last Train, robusto e dinamico, si scorgono elementi più o meno “alieni” (il noise, il post-rock, lo stoner, il post-hardcore) e si avverte in maniera lampante l’influenza di alcuni giganti inglesi e americani. La band francese non sembra ancora pronta a dire addio ai propri maestri, in non poche occasioni citati senza preoccuparsi troppo del rischio scopiazzatura. Nella malinconica “How Does It Feel?”, tanto per fare un esempio, si percepisce nettamente l’ombra dei Radiohead, così come nell’energica “The Plan” troviamo più di qualche idea presa in prestito dai vecchi Foo Fighters. Sono però i Nine Inch Nails a coprire l’ingombrante ruolo di numi tutelari per Scherrer e compagni.

I Last Train riescono nella mirabile impresa di reinterpretare lo stile unico di Trent Reznor senza però suonare particolarmente vicini all’industrial rock. L’album, infatti, sembra quasi ripudiare ogni possibile tentazione “elettronica”, puntando forte sulla potenza di fuoco genuina sprigionata dalle chitarre, dal basso e dalla batteria. Una miscela di strumenti esplosiva che funziona davvero sempre, come ben ci dimostrano brani memorabili come “The Plan”, “All To Blame” e “One By One”. Quest’ultimo pezzo, tuttavia, paga lo scotto di un’eccessiva somiglianza con “Getting Smaller” dei Nine Inch Nails (dall’album “With Teeth” del 2005).

Derivativi ma con ampi margini di miglioramento, i Last Train ci regalano un buon album che riporta alla mente tempi lontani ma non remoti, quando ancora l’alternative rock più melodico ma d’impatto poteva sperare di ottenere riscontri in ambito mainstream. Loro hanno appena iniziato a smuovere le acque fuori dalla Francia ma, stando a quanto ascoltato, possono sperare in un futuro felice. Devono solo allontanarsi dalla “spirale discendente” di reznoriana memoria per non rischiare di sprofondare nell’oblio.