“Occidente (A Funeral Party)” è il nuovo progetto di Cristiano Santini e Roberta Vicinelli che ricreano i Dish – Is – Nein dopo la morte di Dario Parisini, vivo nell’essenza della musica coerente, incisiva proposta da chi ha scelto di andare avanti. Guardare oltre, verso la fine delle illusioni, nell’olocausto evocato a più voci, dove il senso di perdita è reale e concreto.

Credit: Andrea Bastoni

Esserci per raccontare la crisi di valori di un mondo al capolinea, un mondo, quello occidentale, che è praticamente già defunto, ma che viene ancora tratteggiato (da qualcuno, per interessi decisamente personali) come capace d’intendere e volere: è “la fine della festa, il senso di desolazione che attanaglia il cuore ed esilia la mente“, questo è il mantra dell’opera dei Dish-Is-Nein, autofinanziatisi con una raccolta fondi su Produzioni Dal Basso, coinvolgendo persone e realtà amiche come il Coro Monte Calisio, Guido Ballatori alla parte video, Martha Freidank, Federico Bologna, Justin Bennett, il Circolo ARCI Ribalta di Vignola (MO) che ha ospitato questo Funeral Party all’interno del “Ribalta Experimental Film Fest”.

Impossibile sostituire Parisini e infatti in “Occidente (A Funeral Party)” non ci sono mai chitarre, la dobro di Sergio Messina in “Superfluo” rara eccezione. I sintetizzatori diventano spina dorsale e colonna sonora di brani dove il niente diventa simbolo di identità svuotate e progresso solo apparente come nelle note ad alta tensione di “Occidente”, “Dove Il Buio Si Muove” e “Le Voci Del Silenzio”.

Denunciano il potere velenoso delle parole Santini e Vicinelli, quelle che mettono in fila in “Asylum (Ausonia)” mentre il mondo sprofonda in una “ignobile farsa in cui sei solo comparsa” descritta in “Stato Di Massima Allerta”, nell’intimo lamento funebre di “A Funeral Party (SuDario)”. Il recupero in chiave psichedelica, distorta, elettronica di “Lucy In The Sky With Diamonds” dei Beatles è un colpo da maestri, una fuga dalla realtà che diventa incubo e bad trip e l’intervento del Coro Monte Calisio è decisamente importante in questo senso.

Sono sempre stati il contrario dell’immobilismo, della stasi i Dish – Is – Nein e tornano a esprimersi con la consueta capacità critica, smuovendo pensieri e coscienze per chi lo vorrà capire, mentre per altri saranno solo slogan al vento, tutto questo in un concept album dai ritmi martellanti e industrial, dalle melodie immediate e tempestose, ma anche con l’animo a tratti cadenzato, sinistramente avvolgente, come se al posto della chitarra di Parisini si fosse scelto di lavorare con intensità anche su ritmiche oscure e dal retrogusto trip-hop. I testi di Alessandro Cavazza, Renato “Mercy” Carpaneto (IANVA) e Santini con diversi riferimenti ai Disciplinatha di “Primigenia” costruiscono poi un ponte tematico tra l’epoca di “Esilio” e “Mi Addormento” e l’oggi, in otto brani urgenti, dal forte, fortissimo significato musicale e umano.

Bentornati quindi Dish-Is-Nein, bentornati perché se funerale doveva essere, beh, c’era bisogno che qualcuno lo organizzasse nel miglior modo possibile e credo Santini e Vicinelli non abbiano davvero nulla da rimproverarsi in questo senso: la loro celebrazione funebre, dal sapore disilluso, non serve a consolare, no, ma è utile, drammaticamente, a chiarire (perché evidentemente non ci entra ancora in testa) che “no, non sta affatto andando tutto bene“: riusciremo a rialzare quella schiena perennemente curva che ci contraddistingue? Non ne sono sicura, forse non siamo stati abbastanza bravi a cogliere quei segnali di pericolo che già i Disciplinatha, a suo tempo, avevano lanciato nell’evidenziare quella “preoccupante crisi di valori“. Possiamo solo fare mea culpa se ora viviamo in uno “stato di massima allerta“. Mea Culpa.