C’erano tanti motivi per essere al Teatro delle Celebrazioni di Bologna il dieci marzo. La netta sensazione che per una volta avrebbero lasciato fuori dalla scaletta i soliti tormentoni in favore di rarities più care ai fan, la fondata previsione che la teatralità  degli Afterhours si sarebbe riversata come un fiume in piena nell’atmosfera intima di un teatro sui sempre fedeli fan che anche stavolta hanno partecipato con il calore che poche fan base italiane sanno dare. C’erano anche grandi ospiti, l’ex Xabier Iriondo e lo Gnu Quartet, tanto cari ad Agnelli da averli portati anche nella “superband” che ha presentato al Primo Maggio di Roma del 2009.

Calandosi nel vivo della performance, occorre subito scorrere velocemente la scaletta. Le tre sezioni del live (separate dalle consuete due pause a cui i fan sono ormai abituati) sono concluse rispettivamente da “Ritorno A Casa”, tra le sorprese della scaletta, “Orchi e Streghe Sono Soli” (la sola, con “E’ Solo Febbre” e “Tarantella All’Inazione” a provenire dall’ultimo criticato disco “I Milanesi Ammazzano Il Sabato”) e “Il Mio Ruolo”, conclusa con un’uscita dal palco membro per membro che ha creato anche un po’ di “scena”, come alcuni si lamentano di non trovare negli Afterhours più recenti. Dai primi tre dischi escono brani rari come “Posso Avere Il Tuo Deserto”, “Ho Tutto In Testa Ma Non Riesco a Dirlo” e “Musicista Contabile”, i secondi due eseguiti particolarmente bene rispetto agli standard troppo “melodici” dei loro ultimi tempi, la prima ottima ma comunque scarica. Il resto non fa certo rimpiangere il passato, se canzoni come “Punto G” sono eseguite con la stessa furia dei bei tempi andati, e non ci si risparmia neanche le strappalacrime “Oceano di Gomm”a (con Agnelli al suo amato pianoforte), “Male In Polvere” e “Come Vorrei”, impreziosita dallo Gnu Quartet, protagonista di un solo insieme a Manuel in “La Vedova Bianca” e “Pelle”, proposta in una versione a dir poco sublime, superiore a quella elettrica degli ultimi tour. Iriondo ha partecipato con strumenti particolari, come il theremin, a “rumorismi” di fondo per le letture di Ennio Flaiano, quattro in tutto, lette da Agnelli con un trasporto che alcuni in platea hanno definito “sensuale”, e a riempire “Simbiosi” e “Senza Finestra”, canzoni che effettivamente senza di lui non avevamo più sentito eseguite come su disco.

Dal punto di vista tecnico la band trova così la sua dimensione perfetta. La condizione calante di Manuel Agnelli, non dovendo urlare nè sforzarsi particolarmente, scompare così in una performance eccelsa, tranne un paio di sviste sui testi che sono quasi un marchio di fabbrica. Giorgio Prette che sembra obbedire ad un ordine tipo picchia meno forte che puoi si trova abbastanza fuoriluogo ma riesce sempre a cavarsela con i suoi ritmi tanto semplici quanto distintivi, cementati dall’apporto ritmico di Ciccarelli e Rodrigo d’Erasmo, impegnato tanto al violino quanto alla chitarra, lasciando come membro “meno utile” della band il povero Roberto Dell’Era che ci si chiede solamente quanto sia utile al basso. Un personaggio in ogni caso inseparabile dai “nuovi” Afterhours.

La partecipazione degli ospiti che ha contribuito a “riscaldare” l’atmosfera ha reso questo live ancora più indimenticabile, sotto certi punti di vista tra i migliori che potevano proporre a questo punto della loro carriera; e chi si lamenta dell’assenza in scaletta di “Quello Che Non C’è” o “Non E’ Per Sempre” semplicemente dovrebbe approfondire di più i loro dischi, per scoprire che un live senza queste canzoni, se ci sono i pezzi sopra citati non perde neanche un centesimo del suo valore. Eccezionali.

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