I came to under a red moon / Thirsty for water / My eyes were like shovels in the soil of the sky“. Comincia così “The Book Of Traps And Lessons”, quarto album di Kate Tempest ed è il ritorno di un’artista unica nel suo genere. La mappa di una grigia Gran Bretagna stilizzata in copertina e parole dure come pietre (“The days are not days but strange symptoms / And this age is our age / But our age is rage sinking to beige“) caratterizzano un disco cupo e tormentato, che pone e si pone mille domande.

Un album in cui Kate Tempest lascia volutamente da parte le influenze hip hop, decisione presa su suggerimento di un consigliere d’eccezione: Rick Rubin, che affianca lo storico collaboratore Dan Carey. La Tempest si è rivolta a lui per fargli ascoltare i primi demo e la risposta di Rubin è stata piuttosto decisa: non “rappare”. “The Book Of Traps And Lessons” segna quindi un cambio di passo per la poetessa e musicista inglese. Ipnotici giri di basso sostituiscono spesso i beat, creando un mondo dove parole e frasi acquistano nuova vitalità .

Basi minimaliste con largo uso di elettronica, archi e piano si susseguono senza un attimo di pausa e fanno da sottofondo a brutali storie urbane (“Brown Eyed Man”, “Three Sided Coin”) denunce anti ““ capitaliste e timori ambientalisti. Il precedente “Let Them Eat Chaos” era un lunghissimo piano sequenza, spiava le vite degli abitanti di un immaginario quartiere londinese mantenendo un certo distacco. “The Book Of Traps And Lessons” è un primo piano, uno zoom estremo dove tutto diventa più complicato, diretto, personale.

Il libro delle trappole dura fino alle catartiche “All Humans Too Late” e “Hold Your Own”, poi iniziano le lezioni da impartire, quelle da imparare e quelle già  mandate a memoria. Non prediche ma sano realismo, non rassegnazione ma la frustrazione espressa in “Lessons”: “Each day I wake with the fury to change things / But with each hour that passes, that fury subsides”.

Più vario negli arrangiamenti rispetto al recente passato, “The Book Of Traps And Lessons” ha in “Holy Elixir” e “People’s Faces” le punte di diamante ma va ascoltato senza trascurare un brano, perchè riflette il mondo che ci circonda e che spesso scegliamo di non vedere.

Credit foto: Chuff Media