Chissà  a cosa pensava Tom Araya quando, a fine concerto, si è messo fermo sul lato destro del palco, osservando la folla. I suoi compagni di band lanciavano plettri e bacchette, lui era li, fermo, immobile, ad osservare, pensare forse. Chissà  se stava meditando sul fatto che questa davvero potrebbe essere la sua ultima volta in Italia con il nome Slayer alle sue spalle, o forse stava solo apprezzando quel calore e quella risposta magnifica che i 10.000 di Villafranca (VR) hanno riservato alla sua storica band. Magari pensava al fatto che solo a 15 chilometri di distanza (Verona centro), ci fosse stato un nubrifragio con grandine, cosa che non ha minimamente toccato il Castello Scaligero: ecco magari quello poteva essere un segno che gli dei della musica hanno ancora in serbo per lui grandi cose, forse la fine non può e non deve essere così vicina.

Non saprò mai cosa pensava Tom, eppure leggevo soddisfazione sul suo volto. Soddisfazione dovuta e sincera. Nel mio sesto concerto degli Slayer ho realmente toccato il cielo con un dito. Non li avevo mai visti così cattivi, spietati e incisivi. Le fiamme sul palco, continue, erano quelle che animavano gli occhi della band che ha piazzato 20 pezzi in un climax che definire wagneriano è dire poco. Bravura tecnica che si mescola a una brutalità  e una esecuzione magistrale. Mai come stasera, complice l’emozione, il pathos, la location, le canzoni degli Slayer mi sono sembrate drammaticamente attuali: uno specchio terribile, brutale, corrosivo, drammatico della nostra realtà . Una fotografia rosso sangue, una polaroid che ci dimostra quanto in mano ci sia rimasta solo polvere.

Araya ha ancora una voce che spazza via tutto, la band è in forma superlativa. Io dico solo che dal quattordicesimo brano in poi hanno inanellato questa scaletta: “Seasons in the Abyss”, “Hell Awaits”, “South of Heaven”, “Raining Blood”, “Black Magic”, “Dead Skin Mask” e “Angel of Death”. Pazzesco. Ma non è tanto la scelta dei brani, la volontà  di presentarli senza respiro, praticamente senza pause, quello che ci colpisce è l’esecuzione, la rabbia, una ferocia devastante che dimostra come gli Slayer siano ben lontani dal dover gettare la spugna “perchè non ce la fanno più“.

Bravissimi. Null’altro da aggiungere.

Note sparse a margine. Ottimo, rabbioso e tecnico il set dei Gojira, che conoscevo solo marginalmente e invece mi hanno sorpreso. Complimenti poi all’organizzazione, Vertigo, che ha saputo sfruttare alla perfezione lo spazio del Castello, ottimizzandolo al massimo.