Correndo in un bosco addormentato dalla primavera svogliata, il mio lettore, nella sua modalità  casuale, all’improvviso mi propone un brano strano: sembrano i New Order ma a cantare è Karen “‘O, con quel suo modo unico di attorcigliare la voce su se stessa con una sensualità  rara.
Mi fermo e guardo: Yeah Yeah Yeahs, “Zero”.

Lo stupore è ovviamente grande nel sentire una band garage che punta decisamente agli alternative dancefloors, ricordando i primi Killers.
A questo punto il mondo potrebbe dividersi in due: da una parte il partito degli ‘eranomeglioprimisti’ e dall’altra gli irriducibili “cambiamentisti”.
Ma ascoltando bene il disco, ripetutamente se ne colgono le sfumature e si capisce che il prodotto è di spessore.

Nessun suono è fuori posto, frutto di un ottimo lavoro di produzione affidato ad un vecchio drago di nome Nick Launay (Nick Cave, Arcade Fire, Talking Heads) assieme a Dave Sitek dei TV On The Radio.
Dalla perfetta “Zero”, una techno-rock ballad, il disco propone una magica “Head Will Roll” dove Karen “‘O ci incanta con degli urletti ritmati che si insinuano nella nostra memoria in maniera quasi indelebile.
Quando ormai il sudore scorre sulla nostra pelle, ecco che il disco rallenta con una struggente “Skeleton” che sembra proseguire anche nel brano dopo “Dull Life” che, dopo un inizio addormentato, ci riporta ai suoni cui gli Yeah Yeah Yeahs ci avevano abituati.
Poi un’altra pausa (“Runaway”) prima del finale: “Dragon Queen” sa di mid-eighties disco, poi il ritmo cala verso un finale quasi addormentato da una perfetta “Champagne Supernovesca” ballata dal titolo “Little Shadow”.
Chi comprerà  la versione De Luxe avrà  ancora alcune perle acustiche da assaporare.

Una volta ascoltato fino in fondo più volte questo disco mi schiero decisamente (ed inaspettatamente) dalla parte dei ‘cambiamentisti’: parliamoci chiaro, il genere garage rischia a lungo andare di sfociare nella mera autocelebrazione e quindi gli Yeah Yeah Yeahs hanno fatto bene a cambiare.
Se poi il cambiamento è di questo livello non resta che togliersi il cappello e inchinarsi.

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