Prima giornata: The Names, Red Lorry Yellow Lorry, Chameleons
Diciamo subito che il prologo alla prima giornata di questo “Bats Over Milan Post Punk Festival III” non è stato dei migliori!
Sciopero dei mezzi pubblici a Milano significa caos totale, con conseguenti ripercussioni su ogni risvolto della vita quotidiana media.
Ecco perchè siamo arrivati alle porte del MusicDrome alle 19 da veri fighettoni della Bassa, ecco perchè siamo rimasti in strada per un’altra ora e venti al freddo (nel quartiere più lunare della Milano da bere), ecco perchè lo slittamento in avanti della performance dei Names e l’alternarsi dei sets di Chameleons e Red Lorry.

Dunque un inizio stentato che ci ha fatto temere il peggio anche per il prosieguo, rimarcato dai primi fraseggi live del gruppo belga, non certo troppo belligerante davanti ad un pubblico praticamente non pervenuto.
Sciopero o non sciopero l’affluenza iniziale si è rivelata infatti sempre più imbarazzante: può darsi che il nero non tiri più come una volta, ma visto il palinsesto della serata ci si aspettava come minimo il doppio della gente. Compresi quei blasonati indie boys che di tutto parlano, ma solo al glam partecipano.
Comunque un 6 senza infamia e senza lode per i Names, che tirano in ballo la corazzata “Swimming” e qualche pezzo nuovo, in verità  un pò moscietto, per dare il la ad un’audience che proprio non si vuole riscattare dallo stato di torpore scocciato.
Lo status quo sembra cambiare, però, quando sul palco arrivano i Red Lorry Yellow Lorry da Leeds, in anticipo sulla scaletta della serata, e con un Chris Reed in forma smagliante, ma incazzatissimo per la giornata di ordinaria follia meneghina.
E si parte a razzo! Letteralmente.

Con la locomotiva inglese che martella ossessiva per un’ora buona, vestendo comodamente i panni degli Stooges di “Funhouse”, se questi non fossero stati reietti di Detroit, ma semplici hooligans da derby locale.
Chitarra tiratissima, batteria tribaleggiante, voce impastata, monocorde e profondissima: una rivelazione assoluta per tutti.
Ecco allora i primi culi che sobbalzano, le prime creste che oscillano ed i nostri amici psychobilly, direttamente dalla Scozia, che inneggiano a torso nudo imprecando per qualsiasi cosa.
Davvero un’esibizione bruciante che strappa un 8 pieno dal profondo delle viscere, non un momento di flessione o di caduta nervosa verticale, nessuna esitazione o timore reverenziale.
Semplicemente il concerto definitivo della prima tranche del festival, per intensità  e per quello che il rock and roll dovrebbe rappresentare su qualsiasi palco della terra.
Certo”….mancano ancora i Chameleons e le fila si ingrossano notevolmente a ridosso del loro concerto.
è indubbio che l’act di Mark Burgess viva una seconda giovinezza senza timidezze e che, soprattutto, sia supportato da un’aura di culto con pochi pari nel panorama post punk storico europeo.

Reduci dalla prima formazione, il sopraccitato Burgess ed il batterista metronomico John Lever mettono in scena il teatro dei ricordi, in cui il lirismo dei testi ed il carisma del performer ipnotizzano la platea che scatta all’unisono.
Avete capito bene: una sorta di Vasco Rossi experience virata nell’oscurità  e nell’intimismo degli anni ’80. Quel limbo assurdo dove tutti conoscono ogni singola parola di ogni canzone ed il fuoco della malinconia gioiosa si accende di lampi continui.
A dir poco emozionante il loro set, eseguito più con malizia che con perizia tecnica, soprattutto quando il combo da Middleton snocciola le chicche scandagliate nei primi mitologici albums.
Da una “In Shreds” da standing ovation a “Don’t Fall”, da “Thursday Child” a “Singing Rule Britannia” senza alcun limite sulle ali della rimembranza.

L’esito dell’evento, assai poco intelligibile nel suo incipit, si è rivelato alla fine dei conti, per il sottoscritto, assolutamente positivo.
Un’esperienza piacevole, carica di flashbacks e tocchi di classe difficilmente rintracciabili nell’immaginario delle giovani leve rockers odierne..
Un plauso quindi ai ragazzi di “Bats Over Milan” per lo spirito agguerrito e per la proposta coraggiosa in questi tempi meschini: magari non un successo clamoroso, ma un lascito sicuramente percepito da chi il cuore l’ha messo in gioco, da sempre.

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