Se siete dei nostalgici del punk rock un po’ “grezzo”, quello in stile Oi! fatto di cori, ritornelli da cantare a squarciagola e ritmi ben scanditi, questo disco fa per voi. Se, allo stesso tempo, amate le sonorità  della tradizione celtica e irlandese e vi piace pensare a brindisi tra whiskey, birre scure e verdi brughiere, allora a maggior ragione procuratevi l’ultima fatica dei Dropkick Murphys.

L’ottavo album in studio dei Dropkick è una conferma dell’energia e dello stile che la band di Boston porta da oltre 15 anni in giro per il mondo. Le musicalità  del punk rock si fondono a cornamuse, banjo, fisarmonica e organetti. La voce roca in stile Oi! che fa venire voglia di urlare e pogare si mischia a momenti di cultura popolare, tutti da ballare a suon di “schiocchi” di talloni, con flauti e mandolino. Punk e folk si mixano in modo organico e affiatato, per questo disco prodotto dall’etichetta Born & Bred Records, che ormai accompagna la band da più di cinque anni.

“Signed and Sealed in Blood” si apre con “The Boys Are Back”, canzone corale dal coinvolgimento assicurato, che già  dal titolo trionfalmente sembra annunciare: i Dropkick Murphys sono tornati, più in forma che mai e con l’energia di sempre. E non è poi cosa così scontata, visto che della formazione originale del gruppo oggi è rimasto solo Ken Casey, che fondò la band nel 1996 insieme all’amico Mike McColgan (affiancato ancora però dal batterista “storico” Matt Kelly). In questa prima traccia, così come in “The Battle Rages On”, troviamo cori e accenti in perfetto stile Oi! e già  dal primo ascolto l’impressione è quella di sapere i cori a memoria, da quanto cantabili sono i ritornelli.

A partire dalla canzone successiva, “Prisoner’s Song”, le sonorità  diventano da “Irlanda pura”. Cornamuse e organetti, al ritmo di balli popolari, gambe che tengono il tempo e battiti di mani, sfociano in sonorità  punk rock dallo stile irish.
Segue “Rose Tattoo”, con arpeggi di chitarre e voce roca, sembra quasi la traccia più “noiosa” e calma ma è invece il primo singolo estratto e ha qualche “aneddoto” a cui è legata da raccontare. Da un suo verso prende il nome l’intero album, e il suo video, lanciato a novembre 2012, è stato realizzato con le immagini e le riprese mandate dai fan, sollecitati dalla band a tatuarsi sul corpo il simbolo della cover del disco.
Proseguendo, troviamo pezzi di vero e proprio punk veloce, come “Burn”, che fan venire voglia di alzare il braccio e unirsi al coro cantando (sempre che non si sia già  in mezzo al pogo), o melodie più calde, per portare in alto i calici e scaldare i cuori, come “The Season’s Upon Us”, un canto di Natale dalle risonanze popolari. “Out on the Town” sembra quasi un rock’n’roll ritmato in stile anni ’50, con la voce roca protagonista e i ritornelli corali, con il sottofondo di cornamusa che conferisce anche a questo pezzo l’inconfondibile impronta celtica. L’album si chiude con “End of the Night”, ballata finale, da cantare in coro tutti insieme, barcollando verso casa.