I caught you dreaming, waiting for the light of day
Lee Ranaldo ““ Lecce Leaving

The last thing we thought before the lights all went bright was such a surprise
Lee Ranaldo ““ The Last Night On Earth

Lee Ranaldo ci ha preso gusto. A poco più di un anno da “Between The Times And The Tides” torna a ballare da solo con un disco più dark e musicalmente complesso del fortunato predecessore. “Last Night On Earth” è stato registrato with a little help from his friends ovvero i The Dust, la band che l’ha accompagnato e tutt’ora lo accompagna in tour (Alan Licht alla chitarra già  suo collaboratore nei Text Of Light, il fidato Steve Shelley alla batteria, con l’aggiunta del nuovo bassista Tim Là¼ntzel). Un disco arrabbiato e introspettivo come solo gli album migliori sanno essere. Nato dalla paura e dall’incertezza provata nei giorni passati da Lee bloccato in casa mentre fuori dalla finestra infuriava l’uragano Sandy e l’Apocalisse sembrava fin troppo vicina, esperienza che ha ispirato le note dell’intensa e bellissima “Last Night On Earth”.

Comincia parlando di sè questo (ex) guerriero noise che non ha alcuna intenzione di deporre le armi, con le note dell’intrigante “Lecce Leaving” scritte prima di lasciare le spiagge, il sole, il mare e i cieli della Puglia dopo essersi esibito in una performance artistica, ma finisce per parlare di tutti e a tutti. Every time I wait for the revolution to come / every night I think it’s here and then it’s gone canta in “Home Chds”, con un pizzico di rimpianto e delusione ma senza neppure l’ombra di rassegnazione. Altrove Ranaldo è più riflessivo come in una “Ambulancer” ispirata da “Ambulance Blues” di Neil Young che mette insieme chitarra acustica e elettrica in un arrangiamento dalle mille facce e un testo scritto di getto, che Lee stesso ha ammesso di non aver ancora compreso fino in fondo. Non dimentica la sua anima più pop il buon Ranaldo, la esplora a fondo in una “By The Window”che torna col pensiero alla notte passata in balia di Sandy e in cui l’eco degli R.E.M è forte. E nemmeno quella, recentemente scoperta, di experimental folksinger che spunta nella particolarissima “Late Descent # 2” (ripresa poi anche in “Late Descent # 2 Dusted”). L’apporto dei The Dust è benefico, si sente soprattutto nella dolce psichedelia di “The Rising Tide” (dove Steve Shelley si diverte un mondo), nella poetica, rockeggiante “Key /Hole” e in una “Blackt Out” da manuale, amara come il blues, aspra come il noise, guidata dalle linee di basso di Là¼ntzel.

“Between The Times And The Tides” sembrava fatto da un ragazzino, con l’innocenza e il divertimento dei ventenni affamati di vita. In “Last Night On Earth” invece fa capolino l’uomo adulto e maturo, che ne ha viste tante e le ricorda tutte, ma ha ancora tanta voglia di mettersi in gioco e lottare. Il disco numero due della carriera post Sonic Youth di Lee Ranaldo non ha l’immediatezza del primo ma è più avventuroso. Osa, sa di osare (non tanto quanto gli otto album solisti registrati da Ranaldo mentre era ancora un Giovane Sonico ma osa), non ha paura di osare. E alla fine con la tenacia, la pazienza, la destrezza della goccia che scava la roccia, lascia un segno importante.