Hakan Yakin, Murat Yakin, la Croce Rossa, i varesini che si spostano per usufruire di benzina low cost, la pulizia estrema e i prezzi abnormi al ristorante. La Svizzera fino a qualche anno fa era queste semplici cose, in aggiunta ai luoghi comuni che pullulano a riguardo.

Da “How To Perform a Funeral” ““ passando per l’esperimento riuscito di “Il pomeriggio non si sa mai bene cosa fare” ““ al prossimo “Thrill Addict”, in uscita il 19 gennaio, il mio personalissimo immaginario collettivo si è arricchito.
Quando si fa riferimento ai nostri vicini di casa le immagini dei fratelli Yakin e le musiche dei Peter Kernel tornano alla mente, immediatamente riprodotte da neuroni che vogliono ricordare sempre meno situazioni. Tanto vale trattenere fotogrammi e suoni di livello, su cui fare sicuro affidamento in una varietà  di momenti praticamente infinita.

Aris Bassetti e Barbara Lenhoff ““ sì proprio Camilla Sparksss ““ nel tempo sono divenuti punti fermi anche per la qualità  dei video proposti. Sorrisi, spogliarelli, crisi d’identità  ed il favoloso capovolgimento cognitivo di “I’ll die rich at your funeral”: il mix audio-video dei Peter Kernel evoca la tangibilità  dell’arte.
Poco conta evocare un genere musicale, nell’ultimo lavoro la profondità  raggiunta è in linea con i precedenti album. Le sensazioni donate, quasi fisiche, si legano ad una capacità  di penetrare le difese dell’ascoltare insinuandosi in due zone sensibili: il cervello e l’intestino. Non è musica che ti fa respirare meglio, l’odore è di sudore e di corpi che si intrecciano appena ne hanno l’occasione.
Attitudine punk? Indie rock? Non so, sento solo che la fitta trama composta dalle due voci, dalla batteria e dal basso, è totalmente estranea rispetto alle trite divagazioni italiane indie.
A pochi chilometri di distanza da noi si è sviluppato un ronzio impensabile a latitudini più basse, l’inquietudine ed il senso dell’umorismo sono legati alla perfezione.

C’è anche del leggero riverbero in un benvenuto che, privo di batteria, gioca tra voci e basso catapultando l’ascoltatore del mondo di Aris e Barbara. “Ecstasy” è un falling down quasi controllato e perfetto che si incolla direttamente al cervello, rivestendolo in meno di quattro minuti. “High Fever” ““ accompagnata dal solito videoclip azzeccato ““ è il primo scossone del disco, accompagnato da un coretto finale lanciato tra distorsioni e percussioni marziali. “Your Party Sucks” è musica da film, una rincorsa che se ne frega di tutti i falsi sorrisi e corre verso una qualsiasi forma di libertà . Rielaborare la melodia e riconciliare il tutto con lamenti reiterati in sottofondo.
“You’re Flawless” porta in gioco una tensione acuta, piatti rotti e comunicazione difficoltosa sul filo di un rumore crescente che trasporta il tutto a livello intestinale. Le vibrazioni scuotono un sistema nervoso che eccede e sbanda prima di calmarsi improvvisamente, sfinito e sudato.
“They Stole The Sun” è capacità  di riflessione pacata, il momento di mettere insieme qualche ragionamento prima ritornare alle lame rotanti di “I Kinda Like It”, perchè Spencer Krug non si è accorto a caso di loro.
“Tears Don’t Fall In Space” e siamo a casa dopo un concerto liberatorio, l’ennesimo incontro con un vecchio accogliente amico. Spegnere le luci e bere un buon whisky sul divano, parlando di luoghi speciali e significativi.

La potenza, la pervasività  di un suono simile ad una serie di spallate ed il groviglio di melodie sono ingredienti che portano i Peter Kernel ad avere una risonanza potenzialmente senza confini. Non avranno super poteri, ma It’s Gonna Be Great di certo.