L’amore come la fantasia, l’immaginazione non possono essere porti sicuri in cui rifugiarsi per l’eternità . Dinanzi a questi sentimenti mitologici ci si deve sentire liberi come gitani, coraggiosi nel non incatenarsi. Nietzsche vedeva gli innamorati come un drago che custodisce gelosamente il suo tesoro d’oro: proprio parlando di catene e adeguatezza a sentirsi liberi è giusto introdurre il nuovo lavoro degli MGMT, duo composto da Andrew VanWyngarden e Ben Goldwasser.
La capacità  dei due è quella di non ancorarsi a nulla, non avere appigli nel passato, ma sviluppare partendo proprio dalla consapevolezza di essere mobili, dinamici.

“She Works Out Too Much” è la traccia di apertura del disco ed è un manifesto di rottura sul passato: la voce computerizzata suona come una fresca minaccia, talmente profonda da ricordare la profondità  e allo stesso tempo la capacità  magnetica di De Niro in Taxi Driver.

VanWyngarden e Goldwasser sono rispettosi dei loro pensieri musicali come Beauvoir e Sartre, le loro voci si intrecciano con rispetto e cantano in modo più spensierato che mai un mondo che cambia, forse in peggio.
Si sentono i Beatles più stralunati, le inflessioni psych dei Tame Impala e tutto il filone di un cantautorato psichedelico e pieno di idee, le atmosfere non vanno semplicemente chiuse nello scatolone anni’80: tutti gli effetti sono pieni di personalità  ed è difficile affidare il disco al filone 1980, onnipresente nel pop contemporaneo.
Nonostante la musica sia cambiata dall’inizio dell’avventura, gli MGMT sono la parte buona dell’amore, quello che si adatta e non si incatena, non si inscatola in concetti troppo astratti. ma si lascia alla quotidianità  dei dolori, delle elezioni, delle eterne incertezze.

Dopo quattro album finalmente MGMT offre un buffet completo, sia per i fan che per i comuni ascoltatori: la complessità  delle loro tracce si è ridotta, ma non per questo è stato perso alcun effetto sorprendente legato alla loro musica.

Nel pezzo di introduzione all’album c’è un pezzo che dice: Welcome to the shit-show/Grab a comfortable seat. Alla fine ho deciso di acquietarmi qui in quest’angolo a vedere lo show di merda del mondo da un posto che all’angolo della strada non è molto comodo, ma con gli MGMT nelle cuffie anche gli scalini freddi sotto al culo fanno un altro effetto.
Per raccontare al meglio i problemi e le nuove sfide c’è bisogno di dinamismo, apertura e profonda libertà . MGMT per me ora è sinonimo di libertà  e nonostante il titolo cupo del disco, “Little Dark Age” è un disco di felicità .

Credit Foto: Brad Elterman