Dio mio, ma cos’è questo tedio?

Disco che letteralmente ci porta allo sfinimento quello di John Grant, che con il suo synth-pop dilata i tempi e le derive strumentali ma solo raramente centra il bersaglio melodico che conta (da lui ci aspettiamo i 100 punti, non i 45, 50).

In soldoni questo è il riassunto di un lavoro che non ci è piaciuto, che vede l’ex Czars non solleticarci a dovere, musicalmente parlando, nè quando guarda agli LCD Soundsystem nè quando si appesantisce in brani lunghi e scarni che francamente non vanno da nessuna parte, se non nella direzione noia.

Voleva uscire dagli schemi, cambiare un marchio di fabbrica che, a quanto pare, gli stava un po’ stretto: bene, nessun problema John, ma non mi pare tu ci sia riuscito nel modo giusto. Questi synth che richiamano gli anni ’80 non ci catturano a dovere e il messaggio, per quanto sempre interessante (almeno quello), da solo non basta, sopratutto se la verbosità  a tratti la fa da padrona (sul tono da cabaret di “Metamorphosis” non mi soffermo nemmeno).

Si potrà  pensare che, proprio perchè ostico e non subito accessibile al primo ascolto, il lavoro sappia crescere alla distanza. No, neanche quello. Morale della favola, se il buon John prende questa piega, ahi, sono dolori verrebbe da dire, perchè fino ad oggi la sua qualità  e la sua capacità  di mutare pelle, erano punti innegabili a suo favore. Erano.

Photo: Ed Webster / CC BY