Ritornano i Westkust di Göteborg e lo fanno con una formazione un po’ cambiata rispetto al precedente album. Il suono è, più o meno, quello che già  ricordavamo dalla precedente puntata, ma qualcosa di nuovo c’è. In primis Julia Bjernelind è ormai unica titolare del cantato e la sua voce ci pare migliorata, sopratutto più versatile e questo giova sicuramente alle melodie. Le chitarre restano rumorose, i ritmi alti e la melodia sa emergere a dovere, ma forse si è preferito diminire quel fragore travolgente che, in passato, era davvero irrefrenabile. Possiamo dire quindi che viene a mancare (volutamente, ne siamo convinti) quella minima componente punk-rock che, a tratti anche in modo disordinato, emergeva in “Last Forever”, per lasciare spazio a un maggior controllo della situazione (che non vuol dire abbassamento dei volumi, sia chiaro), che non inficia assolutamente un risultato più che piacevole.

L’alternanza tra pezzi più energici e pimpanti (“Junior è una gran bella cavalcata, alla Westkust verrebbe proprio da dire, mentre “Rush” è tanto sonica quanto pop, brano perfetto a dire poco!) e momenti più avvolgenti è curata e ben calibrata, anche se dobbiamo dire che le nostre preferenze vanno alle canzoni in cui il ritmo si abbassa leggermente e la componente shoegaze classica emerge e trionfa, pensiamo a due perle assolute come “Daylight” (che è praticamente la versione dei Westkust di “Vapour Trail” dei Ride) e sopratutto “Adore”, vero pezzo forte dell’album.

Disco da ascoltare a tutto volume: la primavera è in arrivo e più che il sole e gli alberi in fiore, beh, sono album come questo che ce lo dicono!