#10) THOM YORKE
Anima
[Xl Recordings]
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Dopo la colonna sonora di “Suspiria”, Thom si è buttato su un lavoro astratto, solista e molto più intenso rispetto ai suoi passati dischi in solo. I loop, la musica concettuale e le rapsodie elettroniche sono state fonti di ispirazione per brani come “Traffic” e “I Am a Very Rude Person”. Il disco è un vero art-attack. “Anima” è una vetta nella carriera di Yorke perchè ha tutta una serie di elementi perfettamente connessi anche con l’idea di un live scenico e folgorante.

#9) ANDREA LAZLO DE SIMONE
Immensità 
[42 Records]
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Già  per un titolo del genere meriterebbe una posizione in qualsiasi classifica di album dell’anno. Andrea e la sua mini orchestra sinfonica ragionano su un tema che va oltre uomo. Il senso di una ricerca cosmica che si incarna in una serie di brani connessi, che dialogano, si interscambiano i significati e si intrecciano ad un’idea di musica cantautorale alta, altissima. Andrea Lazlo come Giovanni Truppi è una punta di diamante di vera ricercatezza nella nostra musica. Nella ricercatezza dei testi dei suoi lavori non viene mai oscurata la dimensione sonora, che in questo disco più che mai è curata, pensata, vissuta.

#8) QUERCIA
Di Tutte Le Cose Che Abbiamo Perso E Perderemo
[Autoproduzione]
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Un titolo che è simbolo chiaro di quella che è una riscoperta identitaria per i Quercia che, in questo 2019, hanno tirato fuori un disco di una coerenza, puntualità  e dal fascino assoluto. I loro suoni rudi abbracciano un universo originario, un ursound (suono primordiale) che li rappresenta perfettamente. Disco incredibilmente importante per un genere che in Italia ha un seguito ben definito.

#7) JENNIFER GENTLE
Jennifer Gentle
[La Tempesta]
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Il gradito ritorno di una band che ha segnato, in un modo particolare ma non marginale, un’epoca. I Jennifer Gentle disegnano trame psichedeliche, cosmiche. La loro capacità  è nel trasmettere tutto questo con semplicità , purezza. La nebbia, che avvolge il disco e i suoi suoni, non è assassina, come nel libro di Stephen King, ma illuminante. I Jennifer Gentle sono abitanti di Twin Peaks e quando si raccontano nei pezzi c’è il mistero imperscrutabile della loggia nera.

#6) I HATE MY VILLAGE
I Hate My Village
[La Tempesta]
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Il disco è un full immersion in una facoltà  di antropologia culturale: i suoni primitivi e ancestrali che vengono da mondi lontani sono al centro del disco di questa superband composta da Viterbini, Alberto Ferrari e co. Tutto è tarato su sonorità  non comuni ma che riescono ad ispirare in modo unico, alcuni si dimenticano del disco perchè uscito a cavallo tra 2018 e 2019, ma un lavoro del genere rimarrà  una perla, un bagliore unico per anni.

#5) MASSIMO VOLUME
Il Nuotatore
[42 Records]
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Equilibristi con le parole, ritmi serrati e forti che si accendono in una serie di racconti importanti, fondamentali per spiegare il 2019, anno caratterizzato dai ritorni importanti. I Massimo Volume sono padroni di bellezza senza tempo.

#4) BON IVER
I,I
[Jagjaguwar]
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Si parla di anni ’10 e nello storytelling musicale del decennio Justin Vernon è mattatore assoluto. Bon Iver è capace di rivoluzionarsi ogni disco, Justin si è affermato come vero creatore di giungle sonore e testuali. “I,I” è un disco in cui tutti gli elementi del passato si ricompongono in un collage che disegna un’opera d’arte vera, profonda.

#3) GIOVANNI TRUPPI
Poesia e Civiltà 
[Universal]
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Truppi ha costruito il suo monumento, la sua cattedrale musicale in cui è riuscito a mettere in atto un momento di poesia e rivoluzione, capovolgendo almeno per i 48 minuti di durata del disco, le idee sulla canzone italiana nel 2019. Infatti in un panorama che offre doppioni e cloni, lui riesce con originalità  a proporre qualcosa di puro e vero. Fare poesia per Giovanni sembra uno stato dell’essere, un’attitudine, con cui è veramente possibile fare una rivoluzione. Le persone immaginate come paesaggi o montagne, l’uso di figure retoriche e simboli importanti, le parole ricercate ma essenziali, disegnano un’idea chiara di “Poesia e Civiltà “, che riesce ad essere, allo stesso tempo, opera omnia e canzone di strada.


#2) NICK CAVE
Ghosteen
[Ghosteen LTD]
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Nick Cave è un sacerdote della musica pop, lui riesce a scavalcare e danzare sul confine tra arte, vita e musica. “Ghosteen” è la prova, l’emblema massimo di tutto questo. Cave ripartendo dalle atmosfere di “Skeleton Three” e immergendosi in una confidenzialità  dettata anche dal recente tour, in cui spesso durante il live si è fermato a dialogare con i fan, costruisce un disco potentissimo in cui viene snocciolato il concetto di mortalità .
In “Ghosteen” viene elaborata, in modo ancor più lucente e complesso, la morte di suo figlio Arthur. Cave nel disco si definisce “un uomo pazzo di dolore“: tutto questo si sente, si percepisce in un disco che diventa catartico.
“Ghosteen” è il simbolo perfetto, quasi definitivo del 2019.

#1) VAMPIRE WEEKEND
Father Of The Bride
[Sony]
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I Vampire Weekend cantano in “Father of The Bride un’umanità  che vive in un pianeta malato, il disco è però un’occasione per sovvertire una narrazione catastrofista e anzi in tutto il lavoro si eleva, tramite una serie di melodie pop perfettamente pensate da Ezra Koening e compagni, un alone di incredibile positività . I Vampire Weekend danno il massimo in brani come “Married In a Gold Rush” o “Jerusalem, New York, Berlin”, che attraverso un dialogo tra vari accordi di pianoforte tracciano una linea che lega storie, epoche e idee, non solo in ambito musicale, ma politico, sociale. La chiave del disco è nel racconto di un’umanità  che, sull’orlo di una catastrofe umanitaria e ambientale, trova le giuste coordinate per ritrovarsi, rinascere.