E’ raro fare qualcosa per la prima volta, dopo trent’anni di onorata carriera. Succede a Greg Dulli (Afghan Whigs, The Twilight Singers) con quello che ha definito il suo vero esordio da solista, visto che ha sempre considerato “Amber Headlights” del 2005 una semplice raccolta di canzoni senza padrone, abbandonate dopo la scomparsa dell’amico Ted Demme nel 2002 e recuperate a tre anni di distanza.

“Random Desire” parla di amore e delle sue conseguenze, di quando la fiamma si spegne e le cose finiscono male, dell’artista che risorge dalle ceneri. Ha un primo e un secondo tempo, con “It Falls Apart” a fare da spartiacque. E’ nato dopo la morte del chitarrista Dave Rosser e il periodo sabbatico che gli Afghan Whigs si sono presi alla fine del tour di supporto a “In Spades”. Un modo per raccogliere le idee, fare il punto, superare le perdite in dieci brani dalla gestazione difficile, nati tra Silver Lake, Crestline, New Orleans e il deserto di Joshua Tree.

Riparte da se stesso Greg Dulli, dalle influenze carpite e assorbite in mille strade musicali attraversate con impeto, da numi tutelari così diversi come Prince e Todd Rundgren. Compone e suona tutti gli strumenti ma nel disco poi li affida a storici compagni di bisbocce come il chitarrista Jon Skibic (Afghan Whigs), il polistrumentista Rick G. Nelson, Mathias Schneeberger (The Twilight Singers), il genio della pedal steel, bassista e medico Stephen Patt, il batterista Jon Theodore (Queens of the Stone Age, The Mars Volta).

Le chitarre di “Pantomima” aprono le danze e sembrano voler dire che in fondo i sentimenti sono solo una recita, un gioco che però può diventare pericoloso. “Sempre” con la sua apparente, trascinante leggerezza è il primo indizio, un invito a non credere alle promesse neppure a quelle di “Marry Me”.

I got things to build before I fade away” canta Dulli in “The Tide”, cavalcata rock del disco trascinata da una voce che pensavamo di conoscere e che invece riesce sempre a trovare nuove sfumature. Il primo tempo si chiude col piano e gli archi di “Scorpio”, uno dei primi brani di “Random Desire” a essere composto. “It Falls Apart” è forse l’unico piccolo accenno ai Whigs recenti che Dulli si concede, una polverosa ballata midtempo che aleggia come fumo nell’aria.

Gli arpeggi acustici e l’arrangiamento orientaleggiante di “A Ghost” aprono il secondo tempo, seguiti da una “Lockless” quasi euforica, che riesce a far funzionare un mix non semplice tra i ritmi hip hop iniziali e la dolcezza dei fiati. Molto particolare è l’uso della voce in questo pezzo e anche in “Black Moon”: dai toni bassi al falsetto, su un arrangiamento in crescendo tutto da scoprire.

La “prima volta” di Greg Dulli è speziata e spiazzante, non rassicurante anche se la polvere di stelle dell’aggraziata “Slow Pan” potrebbe suggerire il contrario. Mostra un artista ancora in grado di mettersi alla prova e sorprendersi in trentasei minuti di solida vita e strana poesia.

Credit Foto: Maciek Jasik