Sembra ieri che i Wolf Alice s’imponevano all’attenzione dei media più attenti con una serie di singoli ed EP che avevano meritatamente posato sotto i riflettori la band di Londra, capace di colpire il bersaglio con assoluta precisione. Le prime esibizioni live con Ellie Rowsell delicatamente insicura sulla tastiera della chitarra ma già  abile ed esperta sul palco, con assoluta padronanza della voce, sorretta dai compagni e amici Joff Oddie (chitarra), Joel Amey (batteria) e Theo Ellis (basso) che già  dimostravano quel senso di maestria e affidabilità , quella speciale alchimia tipica delle band che hanno qualcosa di speciale e personale.   Una band capace di scrivere pezzi come “Moaning Lisa Smile” – che ricevette una nomination per il Grammy -, “Giant Peach”, “You’re A Germ”, brani poi inclusi nel loro debut “My Love Is Cool” del 2015 che, tra le altre cose, raggiunse le vette della UK Charts.

Seguì il grande successo di “Visions of a Life” del 2017 che vinse pure il Mercury Prize come miglior album britannico. Un album maturo e vario che allontanava la band dall’approccio tipicamente giovanile dei brani dell’esordio. Un album che contiene brani sontuosi come “Planet Hunter”   o la gettonatissima “Don’t Delete The Kisses”, brano presentato dalla band nella serata di premiazione del Mercury Prize. Ellie, scalza, diede una lezione di canto dopo i primi tremendi secondi in cui l’emozione la tradì. Una prova di grande professionalità , l’immagine della smorfia che la cantante rivolge ai compagni alle sue spalle è toccante. L’imbarazzo viene però spazzato via da un’esplosione di ammirazione non appena la Rowsell intona quel “What if it’s not meant for me?” che ancora vibra tra le pareti del London’s Eventim Apollo.

Il successo non si può rifiutare quando sei giovane e suoni in una rock band ma in cambio devi dare una buona cifra di te stesso, il tuo tempo e  donare le tue energie al carburante del successo stesso: i fan. Festival, i tour con Foo Fighters, Queens of the Stone Age e Liam Gallagher, vari inviti a show, 187 concerti avevano portato la band in uno stato di comprensibile smarrimento. Un Air B’n’B nel Somerset è diventato il luogo dove la band ha potuto iniziare a lavorare al nuovo album. Ellie aveva delle idee su cui lavorare, brani ancora allo stato grezzo su cui mettere le mani (e gli strumenti). Una chiesa sconsacrata è stata il loro studio, la loro sala prove.

Forse Dio è stato scacciato da quella chiesa ma si sa, quando le note si uniscono a creare armonie e melodie, quando si concatenano parole intonandole a significati profondi, qualcosa di divino fa la sua apparizione, sempre.
E se in “Smile” Ellie ci mette in guardia con un perentorio “I am what I am and I’m good at it. And you don’t like me, well that isn’t fucking relevant” scopriamo che l’album ha una bandiera con la scritta “Amore” che sventola alta e ben visibile.
Ellie trova la forza di esprimere i propri sentimenti, aprendosi in “Feeling Myself”, un brano che che già  dal titolo sottolinea la nuova coscienza di sè ed esalta la sua voce e la notevole produzione di Markus Dravs (Arcade Fire, Björk, Florence + The Machine).
E per chi ama i Wolf Alice prima maniera, quelli un po’ grunge, un po’ post punk, un po’ Elastica, Ellie & Co. affiancano a “Smile” un’altra saetta veloce come “Play The Greatest Hits”.

La voce di Ellie non è mai lasciata sola: Joff e soprattutto Joel   hanno sempre sostenuto la Rowsell   in passato e anche in questo album che gioca molto sul sovrapporsi delle voci.
Ascoltiamo “Safe From Heartbreak (if you never fall in love)” con attenzione per renderci conto dell’abilità  dei ragazzi nel fondersi a vicenda, chissà  se esiste un demo, una registrazione anche poco professionale di questo brano registrato durante una prova nella chiesa sconsacrata!
“The Last Man On Earth” sarà  il prossimo brano che la band presenterà  al Mercury Prize? Ci stiamo forse sbilanciando troppo? Forse.
I solchi di “The Beach II” dirigono la puntina nel suo ultimo viaggio attraverso l’album. L’ago incontra l’incisione fonografica e allora ascoltiamo quel basso sornione ma incessante, quelle note quasi svogliate di chitarra, quei piatti che attraversano i nostri centri nervosi creando brividi di freddo. Proprio in quel momento non possiamo che fare nostre le parole di Ellie in “Lipstick On The Glass”:

Oh, but there’s no pleasure in resisting. So go ahead and kiss me.

Credit Foto: Jordan Hemingway