Non ci poteva essere inizio migliore per il ritorno, dopo ben dodici anni, dei Porcupine Tree. Il riff di basso funky di Wilson come incipit nell’opener in 5/4 di “Harridan”, di ben otto minuti, è potente, incalzante e riconoscibile quanto basta per mettere a segno un piccolo capolavoro di genere. Ecco, il genere. Probabilmente la compagine inglese ha fatto del proprio sound un vero e proprio “non genere” che, sebbene potrebbe essere inquadrato nel progressive rock, in realtà  è la summa del synth-pop anni 80, alternative rock, influenze sixties and seventies, rock psichedelico, insomma una band che ha fatto dell’originalità  il proprio marchio di fabbrica.

“Closure/Continuation”, come suggerisce il titolo, riprende le fila interrotte nell’ultimo decennio continuando a mietere ritmi surreali ed estrosi, colmi di precisissimi arrangiamenti che in ogni singolo brano si manifestano ora in armonie misteriose come nella bellissima e toccante “Dignity”- nella quale probabilmente si tocca il culmine del disco – talvolta in intensissimi momenti melodici presenti nelle note della meravigliosa ballad “Of The New Day” – scelta tra i singoli anticipatori del full-length – con i suoi innumerevoli e sbalorditivi cambi di tempo ed il suo finale crudo.

L’ambizioso trio composto da Richard Barbieri, Gavin Harrison e dal visionario deus ex machina Steve Wilson ha confezionato un disco tanto sperimentale quanto inatteso per il corso dei tempi, un disco concepito dieci anni orsono e messo a punto durante il lockdown e dove, sempre con la spinta del genietto Wilson – top anche come paroliere in questo episodio – trova quella freschezza capace di catturare nuovi adepti ma che farà  contenti anche i fan più navigati e attempati.

Dieci brani, gli ultimi ottimi tre accreditati come bonus, tra i quali trovano spazio – oltre ai pezzi pregiati poc’anzi citati – le derive elettroniche cupe e oniriche di “Walk The Plank”, melodie malinconiche intrise nelle note iniziali di “Chimera’s Wreck”, che nel mezzo dei suoi nove minuti si cimenta in battenti pelli e chitarre metal che, in maniera aggressiva e inquieta, si manifestano pure nell’hard-rock psichedelico di “Rats Return” e fino ad arrivare all’altro gioiellino dell’album, una potentissima e sublime “Herd Culling”, con all’interno finanche sparute note di world-music. Eccezionale.

I Porcupine Tree sono tornati e l’attesa ne è valsa di sicuro la pena.

Credit Foto: Alex Lake