Non sembrano essere invecchiate di un singolo giorno le dodici tracce di “Slip”, l’album di debutto dei Quicksand. Certo, il post-hardcore duro e incazzatissimo proposto dal quartetto newyorchese nel lontano 1993 colpisce ancora forte – come un vero e proprio pugno in faccia – ma forse non suona più molto moderno al giorno d’oggi. Il genere, nel corso del tempo, si è infatti evoluto e ha cambiato forma, grazie ai contributi di band e dischi di assoluto livello. Basti pensare al recente “Glow On” dei Turnstile, un lavoro con ben due brani nominati agli ultimi Grammy, che ha lasciato a bocca aperta non pochi ascoltatori per la sua spiccata natura mutante.

Una commistione di stili – con all’interno elementi di pop, psichedelia, R&B e persino samba – che non sarebbe mai potuta venire al mondo se all’inizio degli anni ’90 il cantante e chitarrista Walter Schreifels, fresco di rottura con Gorilla Biscuits e Youth Of Today, non avesse deciso di mettere su un gruppo con Tom Capone (chitarra), Sergio Vega (basso) e Alan Cage (batteria). I motivi per cui i Quicksand hanno influenzato decine e decine di talentuosi discepoli e sbiaditi epigoni sono tutti in questi quaranta minuti di accecante furia post-hardcore dalla pelle metallica ma dal cuore emo.

Dal suono definito e dirompente di “Slip” emerge un’intensità destinata a non stemperarsi mai. I decenni passano ma la rabbia continua a bruciare. La sentiamo ardere nei riffoni ignorantissimi di “Fazer”, “Dine Alone” e “Lie And Wait”, nelle cui note si scorgono presagi del miglior nu metal (quello di scuola Deftones, tanto per intenderci). Ci lascia senza fiato nella morsa asfissiante di “Unfulfilled” – con le sue chitarre minacciose che suggeriscono il nascere di qualcosa di spaventoso e ci scava nella carne con la violenza che contraddistingue le affilate “Slip”, “Omission” e “Can Opener”.

Tre tracce che, come tante altre fra quelle incluse nell’album, alternano momenti di aspro furore – in costante bilico tra metal, punk e grunge – ad altri caratterizzati da una sorta di strana quiete. Che in realtà quiete non è perché, nei passaggi strumentali, si odono spesso echi di post rock e noise. Nonostante la predilezione per l’impatto, i Quicksand prima maniera sono più complessi e
profondi di quanto si possa immaginare. Non c’è solo l’immediatezza del post-hardcore. In questo disco è possibile individuare anche una certa attenzione al valore tecnico (specie nella strumentale “Baphomet”, demoniaca già dal titolo) e alla melodia, una luce tenue ma incisiva che illumina i ritornelli di “Head To Wall” e “Freezing Process”.

Nella voce del giovane Walter Schreifels, potente e al tempo stesso trepidante, ci sono i prodromi di quell’emo che lui stesso, di lì a pochi anni, avrebbe abbracciato con convinzione per il progetto Rival Schools. Ma questa è un’altra storia: per il momento preferiamo ricordarcelo fermo al 1993 insieme ai suoi Quicksand, mai troppo celebrati pionieri del post-hardcore più maturo.

Data di pubblicazione: 9 febbraio 1993
Tracce: 12
Lunghezza: 39:08
Etichetta: Polydor
Produttori: Steven Haigler, Don Fury

Tracklist:

  1. Fazer
  2. Head To Wall
  3. Dine Alone
  4. Slip
  5. Freezing Process
  6. Lie And Wait
  7. Unfulfilled
  8. Can Opener
  9. Omission
  10. Baphomet
  11. Too Official
  12. Transparent