Credit: Enrico Sciarrone

di Enrico Sciarrone

Siamo alle battute finali dell’Ypsigrock 2023. Oggi ultimo giro di giostra, ma prima di abbandonarsi al filo di tristezza che accompagna sempre certi epiloghi, c’è ancora tempo di goderci la chiusura di questo quanto mai interessantissimo Ypsi & Love stage pomeridiano, pregno di proposte veramente originali, come il set elettronico della virtuosa musicista e compositrice lituana Monikaze, sonorità ambient e voce a sovrapporsi in modo armonioso e l’esibizione degli incendiari britannici Noisy, per i quali dare un etichetta è veramente arduo (crossover , dance, jungle, drum & bass a profusione) capaci di “incendiare “ il pubblico con tanto di record assoluto (a mia memoria) per il primo stage diving di un cantante, mai avvenuto all’interno di una location così intima e composita come il Chiostro di San Francesco.

Soddisfatto da questo “antipasto” musicale, mi reco rapidamente al Castello, auspicandomi che quanto stia per arrivare nel main stage non mi deluda.

Si riparte nuovamente con il rock. Nei giorni scorsi ci eravamo soffermati spesso sul percorso evolutivo riscontrato in alcune band, esibitesi qui allo Ypsigrock lo stesso non può dirsi per la band che inaugura questa quarta serata. I canadesi Kiwi jr, presentando il loro ultimo lavoro “Chopper” confermano nel corso della loro esibizione la formula dei loro esordi una sorta di indie pop, pulito, ben levigato che affonda le sue radici anche nella cultura musicale folk americana. I brani sono semplici, veloci, frequenti ritornelli e via. Sicuramente l’apporto di una tastiera dà nuova linfa melodica, bisogna ammetterlo, ma il risultato non cambia, si va avanti senza particolari sussulti. Gradevoli ma non memorabili.

Chi invece lascia il segno, eccome, sono sicuramente gli irlandesi Just Mustard (che annoverano Robert Smith tra i propri estimatori) band a cui la matrice chiaramente shoegaze va anche stretta, non fosse altro per la miscela di generi di cui è pregno il loro ultimo lavoro, “Heart Under”, ovvero una seducente miscela di gothic rock, shoegaze e noise dalle atmosfere decisamente inquietanti e ossessive. La band seppur giovane, ha mostrato durante il set, di aver le idee chiare, di aver elaborato una riproduzione personale di genere, andando oltre, disegnando in modo perfetto scenari conflittuali e claustrofobici dove una splendida voce (di Cranesiana memoria, a mio avviso) si è perfettamente adagiata all’interno di un habitat sonoro, portato al limite, di chitarre basso e batteria. Per nulla compiacenti, veramente originali.

A rinfrancare gli animi del pubblico, da cotanta inquietudine sonora, ci hanno pensato due artisti che hanno fatto la storia della musica psichedelica, ovverosia Peter Kember storico fondatore dei Spacemen 3 (con Jason Pierce, presente anche lui qualche anno fa qui allo Ypsigrock con i Spiritualized) e Noah Lennox protagonista con gli Animal Collective. Riuniti nel progetto Sonic Boom & Panda Bear, nato quasi per caso durante la pandemia (caso raro di esperienze positive in quel periodo), durante la quale i due amici in contatto hanno lavorato insieme (seppur a distanza) su alcuni brani, elaborando campionamenti di tracce da brani pop e rock psychedelico anni 60, passione comune di entrambi, ricontestualizzandoli su sonorità elettroniche. “Reset” è il prodotto di questo sodalizio, presentato stasera da un duo che ha dato prova di consumata esperienza, elaborando una performance , esclusivamente voce e basi synth, di valore dove la gradevolezza, la gioia e la spensieratezza, che ha animato i due in studio, è emersa anche live con buona pace dei presenti.

Neanche il tempo di prendere respiro ed ecco il botto finale (in tutti i sensi) con gli headliner Young Fathers, formazione di Aberdeen, che arriva ad infuocare il palcoscenico dell’Ypsigirock. Comprendi subito di trovarti di fronte a quelle band, che danno il meglio dal vivo. Amanti della black music, gospel e R&B rielaborano e creano un loro genere fatto di influenze rap, trip hop e rock psichedelico. Forti di riconoscimenti internazionali e di collaborazioni prestigiose (Massive Attack) durante la loro decennale attività, con il loro ultimo lavoro in studio “Heavy Heavy” hanno voluto alzare l’asticella dal punto di vista della sonorità rispetto al passato, non riuscendoci però pienamente (a mio avviso), perdendosi nella voglia di strafare. È la dimensione live, invece, che è più congeniale, il luogo in cui gli Young Fathers, veri animali da palcoscenico, sfruttano al meglio le loro potenzialità, producendo un set tiratissimo e incendiario che ha fatto ballare tutto il pubblico, non mancando di sottolineare, durante la performance, il loro attivismo verso tematiche sociali ( on alcuni accenni diretti anche al nostro Paese in termini di libertà d’espressione e solidarietà).

Si vorrebbe andare ancora avanti ma il tempo è scaduto. “ Volevo magia“mi ero auspicato all’inizio di questo evento (andatevi a rileggere il mio report della prima giornata) e questo auspicio non è andato deluso. Perché già solo al momento di metterti tutto alle spalle, di ripartire, hai la netta consapevolezza che la magia di questo luogo è esattamente la stessa, intatta, quella che hai lasciato qualche anno fa. Non solo per l’ennesima straordinaria offerta musicale: qui davvero tutto può accadere, qui tutto accade in una dinamica umana unica di incontri, di gioia, di relax, di rispetto che spesso non ha eguali in altri contesti nella vita quotidiana di tutti i giorni e. lasciatemelo dire, anche in tanti altri festival musicali forse più celebrati e strombazzati. Qui vale davvero la pena esserci.