Il 1988 è stato l’anno migliore, musicalmente parlando? si chiedeva tempo fa la stazione radio americana NPR.
La risposta ovviamente dipende dai gusti e dalle preferenze di chi legge e ascolta ma una cosa è certa: il mese d’ottobre di quell’anno ha regalato a distanza di appena dodici giorni due dischi d’indubbio valore come “Daydream Nation” dei Sonic Youth e “Bug” dei Dinosaur Jr. Album profondamente diversi tra loro (doppio il primo, lungo poco più di mezz’ora il secondo) ma accomunati dalle chitarre rivoluzionarie, rumorose, aggressive. “Daydream Nation” quinto disco per Kim Gordon, Thurston Moore, Lee Ranaldo e Steve Shelley è anche l’ultimo inciso dai Sonic Youth prima di firmare con una major (la Geffen). Una scelta destinata a scatenare infinite polemiche visto che i SY erano considerati alfieri e paladini del rock indipendente.

Un disco spartiacque, in cui per la prima volta i Sonic Youth erano liberi di creare senza badare a spese (la Trilogia finale è stata mixata più volte e completata solo poche ore prima della conclusione dell’album). Curato fin nei minimi dettagli, dai simboli incisi sul vinile che rappresentavano i quattro membri della band (e forse erano forse non erano una scherzosa presa in giro di “Led Zeppelin IV”) all’iconica copertina con la candela: fedele riproduzione di “Kerze”, quadro del pittore tedesco Gerhard Richter. Un’immagine asciutta, minimale, che strizzava l’occhio ai fan più artistici della band e rifletteva l’umore dell’America ad alcuni mesi dalla fine del secondo mandato di Ronald Reagan. “Daydreaming days in a daydream nation” tra speranze, disillusione e paura di svegliarsi. La musica dei Sonic Youth però era reale, urgente, concreta, non un sogno a occhi aperti.

“Daydream Nation” distillava le tante anime della Gioventù Sonica in settanta minuti. Il lato sperimentale, quello più pop e sarcastico ben evidente in “Kissability”, quello colto e letterario. Gli accordi di “Teen Age Riot” si fondevano con l’energia di “Silver Rocket” in una delle coppie di brani in apertura di disco più riuscite di sempre. Kim Gordon intensa in “Cross The Breeze”, ironica in “The Sprawl”. Lee Ranaldo visionario in “Eric’s Trip” (ispirata al monologo di Eric Emerson in “Chelsea Girls” di Andy Warhol) e “Hey Joni” (dedicata a Joni Mitchell). Un messaggio vocale di Mike Watt dei Minutemen compariva quasi dal nulla in “Providence” con in sottofondo il piano suonato da Thurston Moore, che ha sfruttato più degli altri il tempo passato in studio, dando libero sfogo al suo ben noto perfezionismo con l’aiuto dell’ingegnere del suono e produttore Nicholas Sansano, che fino a quel momento aveva lavorato prevalentemente con artisti hip hop e aveva accettato di collaborare con i Sonic Youth per pura curiosità . Affascinato dalla loro fama di band feroce dal vivo.

“Daydream Nation” ha rappresentato e rappresenta ancora il momento in cui il mondo indipendente e quello mainstream si sono avvicinati iniziando a conoscersi. I SY avevano ormai capito dove volevano arrivare ed erano pronti a prendere tutti i rischi necessari per raggiungere l’obiettivo. Fa piacere ricordarli nella foto scattata da Michael Lavine davanti alla casa di La Monte Young ad agosto dell’88, con gli occhiali da sole e la maglietta col leone di Thurston Moore, Kim Gordon in shorts, Lee Ranaldo in camicia bianca e Steve Shelley con la polo e gli occhiali da Harry Potter ante litteram. “Daydream Nation” li ha trasformati nel gruppo che tutti volevano imitare. Pochi ci hanno provato sul serio, nessuno ci è veramente riuscito.

Data di pubblicazione: 18 ottobre 1988
Registrato a: Greene St. Recordings (New York) giugno ““ luglio 1988
Tracce: 12
Lunghezza: 70:47
Etichetta: Enigma / Blast First!
Produttori: Sonic Youth, Nicholas Sansano

Tracklist
1. Teen Age Riot
2. Silver Rocket
3. The Sprawl
4. “‘Cross The Breeze
5. Eric’s Trip
6. Total trash
7. Hey Joni
8. Providence
9. Candle
10. Rain King
11. Kissability
12. Trilogy
a) The Wonder
b) Hyperstation
z) Eliminator Jr.