La strada è la vera protagonista del terzo album dei Sun June dopo “Years“e “Somewhere“. Mille e trecento miglia per la precisione, quelle che hanno diviso Laura Colwell Stephen Salisbury quando lui si è trasferito da Austin in Nord Carolina nel 2020 per frequentare un corso di laurea in microbiologia. Una scelta che ha inevitabilmente cambiato le dinamiche tra i due – coppia anche nella vita – e con il resto della band.

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I numerosi demo scambiati insieme a un buon numero di pezzi nati in studio formano la spina dorsale di “Bad Dream Jaguar”. Disco cinematografico, malinconico on the road dove mancanza, rimpianto e desiderio si incontrano tra chitarre acustiche ed elettriche, sintetizzatori Prophet, tastiere e fiati, ma anche la pedal steel di Justin Morris. Un flusso di coscienza tra brani minimali e altri curati, ben arrangiati come “Moon Ahead” e “Washington Square”.

L’inizio è soft con “Eager” dolente e quasi sussurrata, il mood cambia rapidamente con le melodie dolcissime di “16 Riders” le chitarre di Salisbury e Santiago Dietche e la batteria di Sarah Schultz che costruiscono trame sonore eleganti sulla voce di Laura Colwell. L’intento dei Sun June era quello di suonare meno pop soprattutto nelle parti vocali, scelta che li ha portati a privilegiare vulnerabilità e dinamismo in brani come “Mixed Bag”, nella sognante “Ambitions”  o in “Easy Violence”.

“Bad Dream Jaguar” mette ancora più in luce il loro talento melodico, in splendide ballate piano e voce come “John Prine” o in “Sage” riflessiva e commovente. Il ritmo di alza leggermente in “Get Enough” prima della delicatissima e nostalgica “Texas” e di “Lightning” chiusura armonicamente deliziosa. Più introspettivo e meno immediato dei precedenti, questo è un album dove i Sun June si mettono a nudo in un pugno di canzoni dall’indole genuina, scritte e suonate con il cuore in mano.