La band canadese dei Land of Talk, guidata dall’angelica voce di Elizabeth Powell, da quando si è rimessa assieme nel 2017 dopo una pausa durata ben sette anni ha cambiato davvero marcia, intendendo fare sul serio.

Credit: Gabrielle Giguère

D’altronde le buone intenzioni vi erano già tutte, così come la forte determinazione della sua autrice principale, ma a mancare era probabilmente una direzione precisa a livello musicale e non solo, il fatto cioè di trovare una via più personale allontanandosi in un certo modo da più convenzionali stilemi indie-rock.

Alcuni accenni di cambiamento in fase di scrittura e composizione si erano riscontrati già col precedente “Indistinct Conversations”, pubblicato nel 2020, ma mettendoci all’ascolto del nuovo “Performances” possiamo considerare la metamorfosi completata, o meglio, la sua evoluzione, visto che in ogni caso non sembrano essersi smarrite alcune peculiarità che li avevano fatto emergere e apprezzare.

A colpire rimangono infatti prima di tutto le atmosfere, di volta in volta romantiche, ora languide, ora serene, al più rassicuranti, o forse è solo il cantato ammaliante della Powell, più volte racchiuso in morbidezze elettroniche, a distoglierci da quelle che somigliano a delle confessioni a cuore aperto dove non mancano certo le asperità.

Un paragone attuale che sembra arrivare da lontano è con l’esperienza dei Big Thief, e della loro leader Adrianne Lenker in particolare, anch’essi capaci di declinare la materia pop-rock portandola in territori più ostici, se non proprio sperimentali.

Ovvio, le dieci tracce che vanno a comporre questo nuovo lavoro in studio del gruppo di Montreal non hanno forse quell’impatto e quella genialità insiti nella band della Lenker, ma lo stesso ci si può far trasportare e coinvolgere a livello emotivo, specie in canzoni come “Your Beautiful Self”, dove una produzione gentile mette in risalto l’eleganza della proposta, confermata dalla successiva “Fluorescent Blood”, sempre caratterizzata da un utilizzo non invasivo dell’elettronica che non vuole contrastare il canto esile, ma sentito, della Powell.

Dolci arpeggi acustici introducono invece l’intensa “Marry It”, che vede una delicata simbiosi di pop e rock, mentre in “Rainbow Protection” torna a far capolino l’elettronica tra le chitarre.

I maggiori guizzi di creatività si trovano in episodi più curiosi come il breve inserto “Clarinet Dance Jam” e nella conclusiva “Pwintiques” che denota cambi di ritmo avvolgenti intessuti in una musica caleidoscopica, lasciando così all’ascoltatore l’immagine di una band dinamica, in movimento verso qualcos’altro.

Nel frattempo “Performances” arriva a fissare un momento di grande vitalità e ispirazione, assurgendo a mio avviso a miglior album realizzato fin qui a nome Land of Talk.