Otto anni fa, più o meno, Gavin Harrison ha preso il suo posto dietro la batteria dei The Pineapple Thief e ha trasportato la band di Bruce Soord verso nuovi orizzonti sonori. Come dimenticare, infatti, quel discone dannatamente evocativo che risponde al nome di “Your Wilderness” (2016)? Dolore e malinconia, malinconia e dolore. Atmosfera. Creatività, per lo più.
Già. Perché l’ingresso di Harrison nella formazione prog-rock britannica ha permesso di arricchire – con della nuova linfa musicale – il (già) ricco, ricchissimo curriculum discografico dei Nostri. In pratica, se non si fosse ancora intuito, per chi scrive esistono un prima e un dopo Gavin Harrison (signor batterista, senza dubbio alcuno). E alzi pure la mano chi ha intenzione di obiettare tale – oggettiva – affermazione.
Ciò detto, il nuovo album dei Pineapple Thief, “It Leads To This”, è un lavoro maledettamente sincero, variegato, omogeneo, dove Soord e soci trasportano l’ascoltatore in un microcosmo fatto di art-progressive-rock suonato con gusto e sostanza. Altroché. La title-track, per esempio, è un pezzone in odor di epica e di sfumature melodiche da cui è difficile non restare ipnotizzati. Non solo. Nel brano in questione le chitarre sembrano danzare alla stessa velocità delle onde prima di infrangersi sugli scogli. E gli “scogli”, in questo caso, sono rappresentati – metaforicamente – dagli accordi sfacciati della chitarra elettrica di Bruce che vanno ad interrompere – piuttosto bruscamente – il tappeto di tastiere su cui si appoggia la terza traccia del lotto.
E cosa dire delle geniali linee di basso di “Every Trace Of Us”? Quelli bravi parlerebbero di un John Sykes sugli scudi. Noi ci limitiamo a sottolineare che non avrebbero torto. È un’opera da ascoltare tutta d’un fiato, “It Leads To This”. Quarantuno minuti (circa) di un intimismo quasi catartico. Illuminante.
Prendete un pezzo come “The Frost”: oltre ad essere stato il primo singolo estratto dall’album, si tratta di un brano che spicca (e spacca) per la sua vasta gamma dinamica, oltre che per una produzione pressoché impeccabile. E lo stesso discorso, volendo, lo si potrebbe estendere pure al drumming sfavillante (sì, sempre Harrison) di “All That’s Left”. Una traccia, quest’ultima, che non avrebbe sfigurato in alcuni dei lavori pubblicati in passato dalla formazione anglosassone (“Your Wilderness” su tutti).
“It Leads To This”, dunque, è la portentosa conferma di una band che oramai riesce a veleggiare con estrema disinvoltura tra le pieghe esaltanti della propria cifra stilistica. Pur non disdegnando, ovviamente, qualche incursione in territori meno battuti (“To Forget” richiama un po’ i Porcupine Tree). Epperò, si tratta di mere “quisquilie”, di dettagli quasi irrilevanti, che non vanno ad inficiare l’alta qualità del quindicesimo disco pubblicato da Soord e compagni.
È un grande ritorno quello dei The Pineapple Thief. Un messaggio in bottiglia per chiamare a raccolta tutti gli amanti del vecchio, sano, esaltante progressive-rock. In conclusione, un quesito facile facile. Ve lo ricordate il grande Maurizio Mosca quando – per esaltare la classe di Alex Del Piero – esclamava una frase tipo “Aaah, come gioca Del Piero…“? Beh, sostituite il nome dell’ex capitano della Juve con quello dei Pineapple. E cambiate il verbo “giocare” con il più consono – almeno da queste parti – “suonare”. Ecco. Lì troverete il giudizio finale di questa recensione sulla nuova “creatura” del gruppo britannico.
Piccolo Spoiler: ci è piaciuto tantissimo.