
Detroit non è mai stata solo una semplice città. È una realtà che trascende il piano terreno: un suono potentissimo che anima strade e piazze. Un’energia viscerale che ha plasmato generazioni di musicisti, elevando l’intero stato del Michigan a culla di alcune delle rivoluzioni sonore più importanti della storia della musica americana. È questo lo spirito che “Motor City Is Burning – A Michigan Anthology 1965-1972″, monumentale box set della Cherry Red Records, vuole celebrare, in un viaggio di quattro ore attraverso il cuore pulsante della scena musicale del Michigan tra la metà degli anni ’60 e i primi anni ’70. Una strada di fuoco lastricata di frammenti di garage rock selvaggio, proto-punk incendiario, soul pulsante, ruvido blues e funk psichedelico.
Il titolo della raccolta, composta da tre CD, richiama il brano “The Motor City Is Burning” di John Lee Hooker, inclusa nell’album “Urban Blues” del 1967, poi ripresa e amplificata dalla furia elettrica degli MC5 di “Kick Out The Jams”. Il riferimento non è casuale: proprio il 1967 fu un anno di fuoco per Detroit, segnata da violenti disordini civili che scossero la città dalle fondamenta. Ma se le rivolte rivelavano il lato più cupo della metropoli, la musica ne incarnava la resistenza, la rabbia e la voglia di riscatto. Non è un caso che il sound di Detroit fosse così crudo, diretto e privo di filtri: dal garage rock primitivo di band come The Stooges al funk lisergico dei Parliament, dalla visceralità hard rock di Alice Cooper alla sofisticata macchina da groove della Motown, in quegli anni tutto nella Motor City sembrava vibrare di un’energia irrefrenabile.
Tra gli enormi contributi di Detroit alla musica come la conosciamo oggi ce n’è uno che spicca fra tanti. La città è infatti stata la patria della Motown (il cui stesso nome è una crasi di Motor Town, uno dei tanti nickname con cui è conosciuta la capitale dell’auto americana). La label, fondata nel 1959 da Berry Gordy, ha letteralmente scritto la storia del soul e del rhythm and blues con gruppi del calibro di The Temptations, The Supremes e Smokey Robinson & The Miracles.
Ma ridurre Detroit alla sola Motown sarebbe un errore madornale. L’anima della città, e del Michigan nel suo complesso, fu musicalmente multiforme: accanto alle melodie pop e soul di Stevie Wonder e Diana Ross fiorivano i riff distorti e ribelli di band come Grand Funk Railroad e Frijid Pink, mentre in affollatissimi locali underground si consumava la rivoluzione proto-punk capitanata dagli Stooges di Iggy Pop e dagli MC5 del recentemente scomparso Wayne Kramer. Il box set della Cherry Red non si limita ai pezzi di alcuni tra i giganti poc’anzi citati, ma scava nei solchi più nascosti della produzione musicale di quegli anni, riportando alla luce piccole gemme dimenticate del circuito indipendente.
Proprio in questa sorta di “lato oscuro” del Michigan potrebbe essere collocata l’incredibile vicenda di Rodriguez, cantautore folk-rock di Detroit che negli anni ’70 passò inosservato in patria salvo poi venire a sapere, decenni dopo l’abbandono delle scene, di essere diventato un’icona in Sudafrica. La sua parabola, raccontata nel documentario “Searching for Sugar Man” del 2012, è la perfetta dimostrazione di quanto fosse inesauribile il talento musicale che circolava negli anni ’60 e ‘70 lungo le strade del Michigan.
La compilation, nonostante la sua incredibile varietà in termini di stili e generi, si sofferma spesso e volentieri sul lato più ruvido, crudo e scoppiettante della produzione musicale d’antan del Midwest. Il suono che emerge con chiarezza da “Motor City Is Burning” è quindi sporco e viscerale, impregnato di quella tensione che si respirava nelle fabbriche e nei sobborghi di Detroit. Perché quindi non immergersi completamente dentro questo coacervo di note, magari partendo da dieci canzoni registrate da artisti del tutto sconosciuti o ormai dimenticati da tempo immemore? Partiamo per un piccolo viaggio fra le migliori rarità racchiuse in questo prezioso cofanetto della Cherry Red Records.
THE PACK
Next To Your Fire (1968)
Dopo essersi separati dal cantante Terry Knight, i Pack pubblicarono nel 1968 un’interessante rilettura di “Fire” di Jimi Hendrix, più psichedelica e poppeggiante rispetto all’originale. Il brano, cantato da Mark Farner, fu l’ultimo singolo della band prima dello scioglimento e della sua successiva reincarnazione in un gruppo ben più celebre, ovvero i Grand Funk Railroad.
THE PEDESTRIANS
It’s Too Late (1966)
“It’s Too Late” dei Pedestrians è un brano che si muove tra garage rock e pop, con un ritmo incalzante e un’energia contagiosa. Ballabile ma con una vena malinconica che lo rende ancor più affascinante, il pezzo è impreziosito da un brillante assolo di chitarra. Dopo essere stato un successo locale a Grand Rapids, città del Michigan, il singolo venne rilanciato sul mercato grazie a una riedizione su Reprise data alle stampe nel 1968, pur senza sfondare a livello nazionale.
TIDAL WAVES
Action! (Speaks Louder Than Words) (1967)
Pubblicato nel 1967, “Action! (Speaks Louder Than Words)” è un brano energico e trascinante che cattura alla perfezione lo spirito vivace e scanzonato del garage rock di metà anni ’60. Con il suo ritmo incalzante, i cori accattivanti e una bella chitarra graffiante e distorta al punto giusto, il pezzo sembra voler anticipare alcune delle caratteristiche distintive del power pop degli anni ’70. Scritto dal bassista Dennis Mills, il brano segna un’evoluzione nel sound della band, allontanandosi dalle influenze più melodiche e beatlesiane degli esordi per abbracciare una carica più ruvida e diretta, perfetta per il fervente scenario musicale di Detroit.
FELIX
Outside Woman Blues (1968)
Tra le gemme più oscure del box set spicca questo blues psichedelico dal suono grezzo e “fuzzettoso”, cover di un vecchissimo pezzo di Blind Joe Reynolds, attribuito ai misteriosi Felix. Registrato nel 1968 per l’etichetta underground Wheel’s 4, il brano (celebre la versione realizzata dai Cream di “Disraeli Gears”) non fu mai pubblicato ufficialmente e la sua esistenza è avvolta nel mistero, tanto che non si sa nemmeno se ne esista una versione stampata su vinile.
HEAD OVER HEELS
Right Away (1971)
“Right Away” degli Head Over Heels è un gioiello nascosto dell’hard rock melodico anni ’70. Caratterizzato da un ritornello incisivo e un assolo di chitarra ispirato, il brano è una dimostrazione lampante del talento dello sfortunato power trio di Detroit composto da Paul Frank (chitarra e voce), Michael Urso (basso e voce) e John Bredeau (batteria). Grandissimo potenziale, ma la canzone non ricevette l’attenzione che meritava e non fu neanche pubblicata come singolo.
SUNSHINE
Dreams Selection (1972)
“Dreams Selection” dei Sunshine è un raffinato esempio di pop psichedelico, caratterizzato da una malinconia avvolgente e da una costruzione sonora elegante. Il brano si distingue per atmosfere sognanti e arrangiamenti curati nei quali si intrecciano elementi di psichedelia e progressive. Le armonie vocali eteree e le chitarre dal timbro liquido creano un’aura sospesa, mentre la melodia si sviluppa con una classe “rarefatta”, regalando un’esperienza d’ascolto intensa e suggestiva.
BOA
Brave New World (1971)
“Brave New World” degli sconosciutissimi Boa è un brano che incarna perfettamente il suono crudo e caotico delle produzioni indipendenti di inizio anni ‘70. Registrata in condizioni precarie, la canzone sprigiona un’energia a dir poco grezza, tra distorsioni sature e melodie ben delineate ma sporche; caratteristiche che oggi potremmo definire lo-fi. Con il suo approccio garage rock e un’anima sorprendentemente pop, “Brave New World” potrebbe essere considerata una delle antesignane del rock a bassa fedeltà nella sua declinazione più immediata e istintiva.
THE POLITICIANS
Psycha-Soula-Funkadelic (1972)
Un viaggio sonoro che unisce soul, funk e psichedelia in un’unica, trascinante miscela esplosiva. Questo gran pezzo dei Politicians è un autentico concentrato di energia – un’esplosione di groove che incarna alla perfezione l’anima più selvaggia e torrida del genere. Pubblicato all’interno dell’omonimo album della band nel 1972, il brano si distingue per una sezione ritmica serrata, i fiati incandescenti e un’impetuosa carica psichedelica.
ED ROBINSON
Hey Black Man (Part One) (1970)
Ed Robinson, cantante di grande talento con una carriera importante nel gospel e nei musical, dà prova della sua versatilità in questa splendida “Hey Black Man (Part One)”, una canzone che si distingue per la qualità dei suoi arrangiamenti. In pochi minuti il brano si trasforma da un’elegante ballata soul, morbida e avvolgente, a un’esplosione di funk dal groove irresistibile, arricchito da una sezione fiati incisiva e pulsante. L’interpretazione intensa di Robinson, unita a questa dinamica struttura musicale, rende il pezzo un ottimo esempio di contaminazione tra il soul più raffinato e l’energia travolgente del funk.
MARSHALL & NEWELL
Twenty Nine (1970)
“Twenty Nine” è un bel brano folk rock registrato a inizio anni ’70 dal duo Marshall & Newell, autori di appena quattro singoli prima di svanire nell’oblio. Questo pezzo orecchiabile e godibilissimo è a tutti gli effetti una hit mancata, caratterizzata da un ritornello solare e travolgente che si contrappone alle strofe più malinconiche. La canzone affronta il tema dell’inquinamento e della negligenza nei confronti della natura, unendosi alle voci di tanti giovani artisti dell’epoca sensibili alle problematiche ambientali.