Senza falsa supponenza, è difficile credere come questo film possa aver causato disordini, malesseri e turbamenti fisici vari. Ancora più assurda appare la questione della censura, con le associazioni per la tutela dei minori, il Codacons, Alessandra Mussolini, ministro Bondi e quant’altri, impegnati nel richiedere il divieto ai minori di 18 anni. D’altra parte, altrettanto stravagante risulta la frase di lancio usata per la pellicola: il film che ha terrorizzato Steven Spielberg. Ora, volendo anche ammettere che il regista de “Lo Squalo” sia effettivamente così sensibile, probabilmente sarebbe stato più furbo non diffonderla tale notizia, se non altro per non generare un’aspettativa talmente colossale da finire inevitabilmente delusa.
Vero è che senza l’informazione sbruffona forse gli incassi sarebbero stati nettamente inferiori. Un plauso perciò al regista Oren Peli che, al pari degli avi Daniel Myrick ed Eduardo Sanchez con “The Blair Witch Project”, ha saputo sfruttare la morbosa, quanto ingenua, curiosità  del potenziale pubblico.

Micah e Katie sono due giovani fidanzati che vivono a San Diego, in una graziosa villetta. Presto la loro vita in comune viene disturbata da un’ipotetica presenza che sembrerebbe perseguitare la donna fin da piccola. Il sagace ragazzotto decide allora vederci più chiaro: compra una telecamera e la piazza in camera, di fronte al letto, a spiare la situazione notturna ed, eventualmente, l’intervento inopportuno del presunto spirito.
Col passare dei giorni (e delle notti) qualcosa in effetti accade, con uno sviluppo narrativo che tende all’accrescimento della tensione e al manifestarsi sempre più limpido del pericolo, in accordo alla plausibile evoluzione umorale della coppia, ben definita nel cedimento nevrotico, condito da reciproche accuse e improvvisi rancori.
ATTENZIONE: SPOILER IN ARRIVO!
Difficile ci sia rimasto ancora qualcuno che non abbia visto il film, o che almeno non sia stato adeguatamente informato dall’amico o dal collega su trama, avvenimenti e conclusione, ma è giusto salvaguardare ““ ove ce ne siano ““ questi accidentali individui.

Il finale di “Paranormal Activity” rappresenta nelle intenzioni il naturale raggiungimento del climax narrativo. L’esistenza di ben tre versioni è evidente sintomo dell’importanza di tale elemento.
Il finale proiettato in sala vede Micah gettato con violenza contro la telecamera, l’entrata in scena di Katie che prima si abbassa su di lui, come una fiera, quindi, con sguardo diabolico, si avvicina alla m.d.p. Una scritta fa sapere che se il corpo di Micah sarà  ritrovato, della donna, al contrario, non si saprà  più niente.
Secondo finale. La versione originale (più lunga) della pellicola, terminava con Katie che risale da sola in camera, insanguinata e con un coltello in mano, piombando in stato catatonico. Più tardi, l’amica Amber telefona a casa, lasciando un messaggio in cui chiede notizie della coppia. Alle 21, evidentemente preoccupata, arriva all’abitazione dei giovani, dove scopre il corpo senza vita di Micah al piano di sotto. Dopo pochi minuti la Polizia irrompe nell’edificio. Uno degli agenti impone a una confusa Katie ““ ora libera dalla presenza demoniaca ““ di lasciare il coltello. La ragazza invece si avvicina ancora di più, provocando la reazione del poliziotto che le spara. Il film si chiude sull’immagine degli ufficiali che trovano la cassetta.
Terzo finale, presente solo nel dvd. Katie torna da sola al piano superiore, piena di sangue e con il coltello in mano. Chiude a chiave la porta, si avvicina alla telecamera e, sorridendo, si taglia la gola.

Difficile dire quale sia la conclusione migliore, la più efficace. Considerando quella scelta per la sala, si presenta un finale tutto sommato riuscito, adeguato all’atmosfera di mistero che permea tutto il racconto.
Sull’accoglimento del film pesa inevitabilmente l’enorme aspettativa, spesso delusa, con commenti goliardici del tipo: Non avrebbe spaventato neppure mia nonna, tuttavia replicati da opinioni opposte: Mi ha sconvolto.
Un giudizio obiettivo dovrebbe tener conto principalmente della struttura dell’opera, analizzando le varie componenti, per definire un successivo quadro d’insieme.
La storia, non originalissima, trova nel falso documentario un’intelligente forma comunicativa, utile anche nella prospettiva di incrementare l’ansia, assecondando l’idea di verosimiglianza, contro una povertà  di effetti speciali. Povertà  dovuta a ragioni economiche, d’altra parte affatto negativa sotto l’aspetto del risultato. Tra gli illustri esempi di questo tipo basta ricordare ““ con le dovute distanze ““ “La Notte Dei Morti Viventi (1968), girata in un obbligato bianco e nero, divenuto meraviglioso scenario plastico.
Oren Peli non è Romero, ma appare quantomeno immotivata una feroce stroncatura, per un film realizzato con una certa professionalità  e intuizione, capace non di terrorizzare, ma di insinuare nello spettatore un’indubbia apprensione di fronte ad eventi che inevitabilmente, al di là  delle opinioni personali, sfuggono alla verità  assoluta.
Pubblicità , censura, millanteria e biasimo sono optional tanto plausibili quanto non indispensabili.

Cover Album
Regia di Oren Peli
Sceneggiatura: Oren Peli
Montaggio: Oren Peli
Fotografia: Oren Peli
Interpreti: Katie Featherston, Micah Sloat, Mark Fredrichs, Amber Armstrong
Origine: USA, 2007
Durata: 86′