Con i venti che si sarebbero di lì a poco agitati in casa britpop ma ancora tanta voglia di sentire melodie pop sposarsi con trame di chitarra rock: se poi si aggiunge la psichedelia ’60 che si mescola con influenze e sonorità   indiane/orientaleggianti, o addirittura ci si presenta con testi anche completamente scritti in sanscrito, ecco che i Kula Shaker con “K”, nell’anno del Signore 1996, spaccarono la scena piazzandosi dritti al numero 1 della Uk Charts,  abbattendo anche il record di vendite nella prima settimana per un debut album.

Poi tanti concerti, un crescente numero di fan in brodo di giuggiole, quindi un “caso”: il leader Crispian Mills in un’intervista definisce la svastica,  immagine usata anche nell’iconografia orientale, un “simbolo splendido”. Apriti cielo, i nuovi nazi.  E nonostante i plurimi tentativi di rettifica da parte di Mills, in Inghilterra questo evento peserà  e non poco sull’immagine del gruppo; vagli a spiegare i messaggi di pace, fratellanza ed amore universale contenuti in  buona parte della loro produzione.

Infatti “Peasants, Pigs & Astronauts”, anticipato qualcosa come un anno prima dal singolo “Sound of Drums” non si avvicinerà  minimamente ai picchi di classifica e di vendite del debutto (l’album raggiungerà  al massimo la top 10, e solo la richiamata “Sound of Drums” troverà  un piazzamento  nel podio), ed anzi sarà  prodromico dello scioglimento della band che avverrà  qualche mese dopo, trasformando al contempo – per molti anni almeno,  fino alla riunione- i Kula Shaker in uno strano ibrido tra band di culto per alcuni e sòla storica per altri.

Ma l’album, dal mio sempre personale e mai fazioso punto di vista,  più che da approcciare con un’ottica dicotomica (genio/bluff) è da valutare in maniera molto più oggettiva e libera da pregiudizi:  perchè dentro ci sono cose più che buone, ed altre effettivamente meno.  Chiaramente inferiore a “K”, sicuramente non da diventarne fanatici a mo’ di religione, nemmeno una cagata come è stato spesso etichettato; più psichedelico del precedente in diversi passaggi (sarà  che venne registrato nello studio di David Gilmour…), con una ricerca di un rock più da radici ma con meno ingranaggi per prenderti appieno nella morsa, dall’odore di  patchouli ed incenso meno marcato, e dove presente meno genuino e più artificioso, rispetto al precedente capolavoro, ma no, assolutamente non una ciofeca.

Pezzi come “Shower Your Love”, “Mystical Machine Gun”, “Sound of Drums” valgono ampiamente un plauso, e passi se altri momenti [l’orientalismo esasperato di “Radhe Radhe” e “Timeworm”,  o ancora la forzatamente Harrisoniana e lisergica “Golden Avatar”] sono più che dimenticabili: avercene, ad oggi, di album come questo da mettere sul piatto.

Ed a riascoltarlo adesso, “Peasants, Pigs & Astronauts” prende molto più valore di quanto comunque gli riconobbi a suo tempo.

Kula Shaker – “Peasants, Pigs & Astronauts”
Data di pubblicazione: 8 Marzo 1999
Tracce: 12
Lunghezza:  54:11
Etichetta:  Columbia Records
Produttore: Bob Ezrin

Tracklist:

1. Great Hosannah
2. Mystical Machine Gun
3. SOS
4. Radhe Radhe
5. I’m Still Here
6. Shower Your Love
7. 108 Battles (Of The Mind)
8. Sound of Drums
9. Timeworm
10. Last Farewell
11. Golden Avatar
12. Namami Nanda-Nandana