Il quinto lavoro dei Balthazar, “Sand”, vede la luce il 26 febbraio per l’etichetta Play It Again Sam. Figlio intraprendente e meno legato ai suoni malinconici del passato, il nuovo album della band abbraccia tinte alt-pop proseguendo, in maniera più che coerente, il percorso intrapreso dal gruppo nel corso degli ultimi anni.

Guidati dai co-autori e frontmen Jinte Deprez e Marteen Devoldere, i Balthazar  continuano ad ampliare i loro orizzonti, pur restando saldi all’identità  musicale che li contraddistingue fin dagli inizi. Amore, vita, perdita e soprattutto attesa, si mescolano fino a dare vita a “Sand”, un nuovo disco estremamente coeso e smagliante, che porta il groove della band a dei nuovi livelli.

Sulla copertina dell’album troviamo un’opera della nota scultrice olandese Margriet Van Breevort: l’ “Humunculus Loxodontus” (quello che aspetta). La scultura iperrealistica, originariamente commissionata da uno studio medico in Olanda, rappresenta, secondo Devoldere: “come ci si sente quando ci si trova in una sala d’attesa, obbligati ad attendere, pienamente consapevoli, ma un po’ imbarazzati“. Un’immagine surreale ed evocativa, che da sola riesce ad incarnare e riassumere alla perfezione il concetto portante del disco: il tempo.

“Moment”, primo brano di “Sand”, suona poderoso ed ammiccante e vince subito i nostri cuori grazie alla purezza della sua chitarra elettrica e a dei ritmi vagamente tribali. Proprio come una fanfara che ci annuncia che la preda sta per essere stanata, “Moment” ci avverte di tenerci forte, perchè il nostro viaggio tra le sabbie del tempo sta per iniziare.

Segue “Losers”, primo singolo estratto dal disco, che riprende, in un certo senso, i mesti disco beat del precedente “Fever” (2019). Degno di nota, di sicuro, è il video girato a Gent, che vede i Balthazar nei panni d’un gruppo di truffatori. In un’atmosfera degna d’un heist movie di tutto rispetto, infatti, i membri della band si dividono e prendono tutti strade diverse alla fine di un colpo, senza svelare nient’altro allo spettatore. “Losers” è, forse, uno dei pezzi più catchy del disco e riesce a convincere proprio tutti, e ciò grazie anche ai tralala presi abilmente in prestito da Paolo Conte.

L’esplorazione cinematografica continua con quello che è, a mio avviso, uno dei pezzi migliori dell’album: “On A Roll”.  A proposito del suddetto, Devoldere ha affermato che: “Il brano e il video sottolineano come sia impossibile avere il pieno controllo di certe situazioni e della propria vita in generale. Se anche per un attimo pensi di poter sfuggire a questo loop, finisci per ritrovarti sempre nello stesso punto, scoprendo che i cambiamenti non hanno modificato il risultato, nè tanto meno cambiato te”. Ecco, dunque, che ci si riavvolge nuovamente attorno al filo conduttore dell’ultimo lavoro della band, ovvero il tempo. “On A Roll” sa molto delle influenze del progetto parallelo di Jinte Deprez, J. Bernardt, e ci ammalia completamente cantando una sorta di seduzione ombrosa. Parole quasi sussurrate raucamente si alternano ad un ritornello in falsetto, mentre trombe gravi cedono il posto a suoni fluidi quasi quanto uno schiocco delle dita. Il risultato è superbo e lascia un marchio indelebile nell’ascoltatore.

Se “I Want You” passa quasi in sordina dopo un pezzo come “On A Roll”, “You Won’t Come Around” richiama prepotentemente l’attenzione e ci delizia con una fantastica interpretazione di Devoldere. Le vibrazioni dance-rock del brano affogano le proprie radici in una sorta di flusso di coscienza in cui a parlare non è tanto la mente del cantante, quanto il suo cuore. Una break-up song che ci racconta quanto, talvolta, la via nuova non sia affatto migliore della vecchia. Una canzone fatta di sensi di colpa, di rimpianti soffocati e di consapevolezze abbracciate quando è, ormai, troppo tardi: la formula di “I Want You” è decisamente vincente.

Con “Hourglass”, i Balthazar enfatizzano ulteriormente gli esuberanti toni dance che già  sapevamo di doverci aspettare da “Sand”. La sabbia del tempo, il tempo stesso, la pazienza, il non voler aspettare: nella clessidra (hourglass) descritta dalla band c’è tutto questo e molto di più. Il pezzo funziona, nonostante il ritornello forse un po’ too much. “Passing Through” risulta essere, invece, un brano molto più spazioso e pacato, ed è quasi come se la band volesse riprendere il fiato prima di avviarsi verso il gran finale. Unica nota dolente e penalizzante della canzone è, probabilmente, l’uso delle percussioni elettroniche, in particolare nei versi iniziali. Di sicuro il sound avrebbe tratto beneficio da un approccio più live, ma sappiamo bene che “live” non è stata esattamente la parola chiave degli album pubblicati durante la pandemia di Covid-19.

“Leaving Antwerp” è grigia e mielosa e ci racconta di una partenza tanto reale quanto metaforica. Un’altra break-up song uggiosa, interpretata perfettamente da Devoldere, e accompagnata da un avvolgente sax che ne abbellisce il ponte e l’outro. Con “Halfway”, invece, torna un alone provocatorio ed allusivo, sostenuto a regola d’arte dalle doti vocali di Deprez.

A chiudere l’album è una vera e propria pepita: “Powerless”. Se il pezzo riecheggia molto delle tinte infuse da Devoldere nel progetto parallelo Warhaus, va anche detto che l’atmosfera molle e jazz risulta essere una scommessa completamente vincente per la band. Per i Balthazar non c’è modo migliore di concludere “Sand”, “Powerless”, infatti, è un pezzo dall’allure rètro, fatto di alti e bassi melodici incastrati magistralmente.

Interamente creato su una dicotomia, “Sand” bilancia il proprio peso oscillando tra tinte fumose, quasi noir, e scatti elettrici e dance che arrivano sorprendenti ed immediati, quasi al pari di una scossa. L’ultimo lavoro dei Balthazar non è esattamente quel che ci si aspettava, le limitazioni dovute alla pandemia ne hanno radicalmente modificato il prodotto finale. Nonostante tutto, però, la formula utilizzata dalla band funziona a meraviglia e, anche se ci resta la curiosità  di sapere come sarebbe stato un successore più live e grintoso di “Fever”, “Sand” resta un bel regalo che, tra le altre cose, ha il merito di aver permesso ai Balthazar di sperimentare e spingersi in territori meno familiari.

In “Moment”, pezzo d’apertura di “Sand”, Devoldere e Deprez cantano all’unisono “Anytime / Anyhow / I’m living for this moment” e credo che a me non resti che suggerirvi di seguire il consiglio, di continuare a cogliere l’attimo e di farlo, a maggior ragione, in questo tempo che pare essere eternamente sospeso.

Photo Credit: Alexander Dhiet