Non mi aspettavo un vostro errore
uomini e donne di tribunale,
se fossi stato al vostro posto
ma al vostro posto non ci so stare

F.De Andrè, “Nella mia ora di Libertà ”

Roma, Carcere di Rebibbia. Tra gli androni del penitenziario si aggira un gruppo di detenuti “‘che si è montato la testa’, pensa addirittura di poter fare teatro. L’obiettivo è rappresentare in sei mesi il Giulio Cesare di Shakespeare. L’impresa non parte con i migliori auguri, manca il teatro (in fase di allestimento), e le celle sussurrano parole di scherno beffandosi della improbabile riuscita. Malgrado ciò, la caparbietà  degli attori/carcerati cresce di consapevolezza, invogliando perfino la voce meno ottimista a cantare un coro di sostegno partecipato. Nel finale, un grasso applauso nasconde un corpo unico che fa pensare al meglio, un’ottima rappresentazione”…e adesso?

Accendere la luce nel micro mondo di ferro rugginoso, non solo è cosa impossibile, ma anche inutile e forzata – perbenismo e patinatura sono dietro l’angolo. I fratelli Taviani scelgono perciò il taglio brutale del documentario per quadrare il cerchio. La fiction non è assente, ma viene presentata come discorso sul personaggio, aprendo una quarta dimensione che unisce spettatore e attore. A mancare non è poi di certo l’alta fattura cinematografica, caratterizzata da un ‘pronti-via’ a colori, che sfuma mentre le scene si susseguono diventando bianco e nero corroso dall’aria stantia. Ad impressionare è sopratutto l’acting mirabile di Bruto (Salvatore Striano), Cassio (Cosimo Rega) e Marco Antonio (Antonio Frasca). Su questo punto vorrei insistere, perchè credo che da qui possa essere estratta la morale, nonchè il gran merito del film. La sensibilità  dei detenuti ammanetta la sala del cinema con fare silente, imponendo riflessioni alla mente ultra-giudicante di ognuno di noi, costringendola in un angolo buio dove non riesce più a respirare. Si torna a casa convinti che il male sia veramente banale; anzi peggio, insito in ognuno di noi – ‘Ci potevo essere io al posto suo’. Lacerati, scopriamo la chiave di lettura: il Caso fa la differenza, è lui che inclina il piano. Il suo colpo di coda è un tocco freddo a cui, fortunatamente, siamo stati finora sottratti; ma domani è un’altro giorno, e il nostro stupido titanismo non c’ è più d’aiuto.

“Cesare deve morire” è una pellicola rivoluzionaria che capovolge il discorso su cosa sia o non sia Cinema. Il senso comune suggerisce che lo schermo debba essere spazio di sogno, di magia glitterata da effetti speciali ( vedi “Hugo Cabret” ). Qui invece la tela è capovolta, manca il sogno e cresce il nichilismo.

Rating:

Regia di Paolo e Vittorio Taviani
Soggetto: William Shakespeare
Sceneggiatura: Paolo e Vittorio Taviani
Musiche: Giuliano Taviani, Carmelo Travia
Fotografia: Simone Zampagni
Montaggio: Roberto Perpignani
Produzione: Kaos, Rai Cinema
Distribuzione: Sacher
Con: Salvatore Striano, Cosimo Rega, Antonio Frasca, Giovanni Arcuri, Juan Dario Bonetti, Vincenzo Gallo
Anno: 2012
Paese: ITA
Durata: 76 min





“Cesare Deve Morire” Il Trailer