Eccoci all’appuntamento bisestile con la tradizionale ricorrenza dei remix di Bjork. Chi segue la sua carriera da lungo tempo conosce bene i punti fermi che caratterizzano tutti i suoi album: scelta di un alter-ego, titolo di una parola, ritratto in copertina, creazione lettering ed immagine coordinata (anche il sito web si aggiorna seguendo le pubblicazioni). Un progetto multimediale a tutto tondo dove ogni dettaglio è curato al millimetro. Per questa attenzione all’aspetto visuale che non è mai in secondo piano rispetto a quello musicale, ma anzi complementare, è spesso associata a Madonna.

A parer mio è un paragone di comodo e forzato, in quanto sono due ordini di grandezza differenti: Bjork è un brand come può essere Chanel, per chi è addentro ad un certo tipo di questioni e se lo può permettere; Madonna invece segue standard più vicini a quelli presenti nel piano di marketing della Unilever: servizi per la casa e la famiglia, l’igiene e la persona. Di stampo insomma medio-basso.
Entrambe si sono incrociate solo una volta nel 1995 per una fugace collaborazione da cui è venuto fuori forse il brano meno convenzionale di Madonna, “Bedtime Story”.

Per quanto riguarda il capitolo remix, Bjork fin dagli inizi della sua carriera solista ha sempre tenuto in alta considerazione la manipolazione altrui dei propri brani. Nel 1996 pubblica la sua prima raccolta, “Telegram”, in cui sono rielaborati i singoli di “Debut” e “Post”, da allora Bjork non ha pubblicato compilation analoghe, relegando i successivi remix in coda ai numerosi singoli o allegandoli ai corposi boxset (come in “Voltaic”). Dal 1996 questa è la seconda volta che Bjork mette in commercio una pubblicazione di questo tipo. Un album che a quanto pare ha una discreta importanza, in quanto ha avuto come teaser il singolo e relativo video (spettacolare of course) di “Mutual Core”, pubblicato qualche giorno prima di “Bastards”. Video da cui è stata tratta la copertina, tra le altre cose.
Ufficialmente “Bastards” raccoglie gli episodi migliori degli 8 “Remix Series”, pubblicati da Aprile fino a questo Novembre, ma ufficiosamente lo si può considerare una sorta di “Biophilia revisited” con l’obiettivo di rendere più disinvolte le introverse composizioni dell’album d’origine.

Ascoltando il risultato finale si può dire che Bjork sia riuscita nell’impresa, proponendo all’ascoltatore non una versione dancereccia di “Biophilia” ma inedite rielaborazioni affidate alla diversa sensibilità  dei musicisti coinvolti.
Gli episodi migliori di “Bastards” sono offerti da Matthew Herbert alle prese con “Mutual Core” e “Crystalline” (oltre alla postilla “Sacrifice”) dove il dj adopera synth aggressivi e risalta gli aspetti più freak dei due pezzi. Sulla stessa lunghezza d’onda sono le versioni remixate dai Death Grips, con in più una dose d’ansia e d’incertezza tipicamente postmoderna, che magistralmente rivoltano “Sacrifice” e “Thunderbolt”. Suggestiva ed esotica e dalle punte lounge è invece la “Mutual Core” ripresa dai These New Puritans, i quali raffinano il tutto introducendo una nenia di motivo rurale. La “Crystalline” di Omar Souleyman non ha niente da condividere con quella di Matthew Herbert: interamente calata nei colori del continente indiano è un pezzo dal sapore stravagante. Così come la sua “Thunderbolt”, soundtrack perfetta per un musical Bollywoodiano.
“Moon” e “Virus” già  di default erano due brani che su “Biophilia” si reggevano bene da soli, grazie ad un indovinato arpeggio, quindi i remix di Hudson Mohawke e The Slips hanno lasciato questa traccia curando il solo arrangiamento dei beat e dei synth.

Le rivisitazioni da cassare senza pietà  sono invece “Dark Matter” di Alva Noto e “Hollow” di 16-bit.
In entrambi i casi i dj avevano a disposizione due brani già  in origine scarni, quasi “strumento e voce” e avrebbero potuto sbizzarrirsi approfittando di uno stato dell’arte favorevole, cercando di far emergere le potenzialità  dei due brani più deboli di tutta “Biophilia”. Alva Noto e 16-bit non hanno fatto il miracolo preferendo adagiarsi su un rassicurante ma mediocre esercizio di stile.
Bjork con “Bastards”, così come aveva già  fatto con “Telegram” nel 1996, ha raccolto i migliori dj sulla piazza lasciandogli assoluta libertà  d’esecuzione. Il risultato è un piccolo gioiellino che ospita ben 9 punti di vista sull’elettronica odierna. Un bel saggio sonoro che ci racconta come l’elettronica in tutte le sue forme, sia in ambito indie che mainstream, sia un campo fiorente in perenne evoluzione, confermando ancora una volta il valore artistico dell’ex folletto islandese (45 anni suonati e non sentirli!).

Bjork si piega ma non si spezza, quando sembra che arranchi eccola riprendere il passo e tornare in vantaggio, i remix di “Bastards” hanno il pregio di svelare la potenza delle creazioni di Bjork, dalla struttura rigida come il marmo e dai legami malleabili come la creta.
Ed è per questo talento che dopo quasi 30 anni di carriera siamo qui ancora a parlarne.

Photo: Warren du Preez & Nick Thornton Jones