Il tempo ha forse reso e ricompensato ciò che i Cocteau Twins hanno dato alla musica rock.

Non a caso, le recenti benedizioni di Pitchfork e Rolling Stone hanno rilanciato presso le nuove generazioni il loro best-seller “Heaven or Las Vegas” (1990); ma questa, per chi scrive, resta un’opera nettamente inferiore rispetto alle idee disseminate dall’accoppiata costituita da “Head Over Heels” (1983) e “Treasure” (1984), fra i lasciti più significativi di tutti gli anni ’80, un autentico big bang per la musica alternativa.

Per esporre il manifesto artistico nella sala d’onore da lasciare ai posteri, è sufficiente la prima dozzina di minuti. La marziale “When Mama Was Moth” ne è l’opener d’effetto; il precipizio emotivo di “Five Ten Fiftyfold”, con fiati free-jazz inerpicati sulla parete di un basso rombante, lo zenit onirico. E “Sugar Hiccup” è la pietra angolare del nascente dream-pop. Non c’è angoscia: c’è qualcosa che gli somiglia molto ma che attrae come un ventre materno. L’intuizione imperitura dei Cocteau Twins sta tutta in questa catartica, eppure solenne ambiguità che cattura l’inconscio e lo lascia in perenne altalena fra il sogno e l’incubo, il desiderio e l’annichilimento dei sensi.

Questa tripletta scopre un giacimento inesauribile che attirerà frotte di cercatori d’oro fino ai giorni nostri. Scorgiamo in nuce i rivoli dei filoni che ne deriveranno: del substrato più oscuro il testimone sarà lasciato nelle mani di Dead Can Dance e Black Tape for a Blue Girl. La corrente intimista verrà perfezionata nel successivo e altrettanto seminale “Treasure”, scorrendo a valle verso Slowdive e Beach House; e l’intuizione più tecnicamente musicale, il frastuono sonoro da cui emerga una melodia carezzevole e a tratti indistinguibile, sarà resa arte dai My Bloody Valentine.

Gli episodi più canonici derivano ancora dal post-punk dell’esordio, col fantasma di Siouxsie a far bella mostra di sé (la scapicollata “In Our Angelhood”), ma la tesi che gli scozzesi vogliono dimostrare è persuasivamente supportata da un pugno di brani a loro modo rivoluzionari, da “Multifoiled”, un calypso che affiora dalla nebbia dei ricordi, al gran finale di “Musette and Drums”, un grumo di distorsioni che si conclude in una nebulosa da cui riemergeranno, oltre un decennio dopo, i maelstrom sonici dei Godspeed You! Black Emperor.

Per chi ama le etichette, “Head Over Heels” può essere considerato indistintamente il primo album di diversi generi (ethereal wave, dream-pop, shoegaze, e chi più ne ha più ne metta). Per i puristi, che gli preferiranno il citato lavoro del ’90, un’avvincente avventura giovanile. Ma per tutti gli altri, possiamo semplicemente trattarlo per quello che è: un’opera incantevole.

Data di pubblicazione: 24 ottobre 1983
Registrato: Palladium Studios, Edimburgo (Scozia)
Tracce: 10
Lunghezza: 37:01
Etichetta: 4AD
Produttori: Cocteau Twins, John Fryer

Tracklist
1. When Mama Was Moth
2.Five Ten Fiftyfold
3. Sugar Hiccup
4. In Our Angelhood
5. Glass Candle Grenades
6. In the Gold Dust Rush
7. The Tinderbox (Of a Heart)
8. Multifoiled
9. My Love Paramour
10. Musette and Drums