“All That Was East Is West Of Me Now” è il quinto LP solista di Glen Hansard e arriva dopo quattro anni e mezzo dal precedente, “The Wild Willing“: in questo periodo il musicista di Dublino si è mosso tra collaborazioni con Eddie Vedder e Cat Power e tra concerti insieme ai suoi Frames e a Marketa Irglova.

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Stando a quanto racconta l’irlandese, il disco è nato nel novembre dello scorso anno dopo una breve serie di concerti al suo pub locale, in cui ha potuto provare dal vivo le sue nuove canzoni e queste performance l’hanno aiutato a capire quali potessero essere sviluppate e registrate: Glen poi si è avvalso dell’aiuto del suo collaboratore di vecchia data (e suo compagno nei Frames) David Odlum, che ha prodotto e mixato l’album tra Dublino e Menaggio, sul lago di Como.

In questo suo nuovo lavoro il cinquantatreenne Hansard, diventato padre per la prima volta proprio un anno fa nell’ottobre del 2022, riflette su un tema parecchio importante, come l’invecchiamento e allo stesso tempo mostra la sua consapevolezza che una buona parte della vita ormai è passata.

Il disco si apre con il singolo principale “The Feast Of St. John” e ci mostra una faccia inedita del musicista irlandese, in cui la potenza delle chitarre la fa padrone: questo suo spirito rock, che non vedevamo dai tempi dei Frames, non cancella però la sua viscerale passione sempre presente nei suoi vocals. A impreziosire il pezzo si aggiunge anche il violino di Warren Ellis dei Bad Seeds di Nick Cave.

La lunghissima “Down On Our Knees” (quasi sei minuti e mezzo) poi vede la sezione ritmica dominare per un’altra traccia decisamente rock dai toni cupi e inquieti, mentre Glen ci ricorda che prima o poi, per un motivo o un altro, “we all go down on our knees“.

Dopo un inizio così intenso e inaspettato, “There’s No Mountain” ci porta su territori più sicuri e famigliari dai toni folk-rock sempre pieni di belle melodie e di intensità emotiva attraverso cui l’irlandese ricorda che non ci sono montagne, grandi o piccole, che non si possano scalare.

Un altro brano di gran valore di questo disco è senza dubbio “Between Us There Is Music”, che riesce a mantenere un notevole senso di intimità nonostante una strumentaziome orchestrale con lussureggianti archi e ottime armonie di voci femminili: una di quelle canzoni che arrivano dirette al cuore sin dal primo ascolto grazie alla sua grande forza emotiva.

Anche nella successiva “Ghost” non mancano la gentilezza così come la passione: inizialmente descritta dal solo piano, sono poi ancora i violini a inserirsi tra i protagonisti insieme a rumorose chitarre nel finale, che comunque rimangono in sottofondo.

Mentre Glen prova anche a passeggiare su territori rock, riesce ancora una volta a scrivere un disco importante e, seppur cupo in alcuni frangenti, capace come sempre di lasciare notevoli e sincere emozioni.