Doveva essere Steve Kilbey dei The Church a inaugurare insieme alla divina Kristin Hersh la nuova serie di Church Sessions firmate Unplugged In Monti ma purtroppo problemi di salute del musicista australiano l’hanno costretto ad annullare il tour. Al suo posto è stato chiamato Hugo Race, impegnato in una serie di date italiane in solitaria. Sempre un piacere vedere l’ex Bad Seeds  sia quando calca il palco al fianco dei suoi Fatalists che in questa veste.

Hugo Race dal vivo insomma è una garanzia, sale puntuale e ben accolto nella suggestiva cornice della Chiesa Evangelica Metodista di Roma pochi minuti dopo le venti e trenta, imbraccia la chitarra rossa fiammante e regala un’ora di musica, graffiante rock e blues elettrico suonato con incredibile energia e passione oltre all’eleganza che da sempre lo contraddistingue.

Apre il suo set con una “Lost In The Material World” magnetica e prosegue con altrettanta grinta costruendo abilmente quel sound ritmato e trascinante a cui è difficile resistere e il pubblico si lascia trasportare con vero piacere. Scherza spesso Hugo Race mettendo a frutto i lunghi anni passati in Sicilia. “Stanotte mi sento come un prete” dice “volevo vestirmi di bianco ma ho sbagliato tutto“.

 Ottime “Beat My Drum”, “Overcome”, “Atomized” e “No God In The Sky”, la vera sorpresa è però lo spazio dedicato ad alcuni brani dei The Wreckery, la sua prima band degli anni ottanta diventata ormai di culto e che recentemente si è riunita per pubblicare “Fake Is Forever”, l’album perduto, che doveva uscire allora e invece … “Un’altra vita” commenta Hugo Race ancora incredulo prima di lanciarsi in infuocate versioni di “Whistle Clean” e  “Smack Me Down”.

Kristin Hersh arriva poco dopo le ventuno e trenta, vestito bianco e chitarra acustica d’ordinanza per uno show solista che come il resto delle date italiane (qui la recensione di quella milanese) non si limita assolutamente a riproporre i brani di “Clear Pond Road” ma copre tutta la sua carriera. Voce grintosa e molta voglia di suonare, inizia con la coinvolgente “Kay Catherine” da “Sun Racket” dei Throwing Muses poi “Eyeshine” dall’ultimo disco e la ritmatissima “Mississipi Kite” da “Crooked”.

Immancabile “Your Ghost” che stasera arriva presto per la gioia dei presenti in una versione intima e toccante, poi è il turno di “Bywater” con il divertente aneddoto che riguarda il pesce rosso chiamato Freddie Mercury  protagonista del brano, sopravvissuto a diversi tour e perfino a un incidente stradale prima di trovare la morte durante un party a New Orleans.

Si prosegue con gli arpeggi delicati di “Flooding” e quelli rabbiosi di “Sunray Venus” altro brano dei Muses periodo “Purgatory / Paradise”, “City Of The Dead” da “Firepile” dei 1993 e una apprezzatissima “Slippershell”, che non sempre viene suonata ma stasera fortunatamente c’è.

“Krait” e l’incredibile intensità di “Poor Wayfaring Stranger”, altro brano molto apprezzato, chiudono il main set.  C’è ancora tempo per due brani, la grintosa “Your Dirty Answer” e “Shaky Blue Can” da “Wyatt At The Coyote Palace”, prima dei saluti finali. Due musicisti in gran forma dunque, che sanno tenere il palco come pochi altri e non hanno paura di mettersi in gioco regalando una gran bella serata.