Sono trent’anni che, a parte la pausa tra il 2003 e il 2007, gli Shed Seven ci fanno commuovere e divertire, sia su disco che dal vivo. La loro produzione degli anni Novanta fa parte, di diritto, della storia del pop, e anche successivamente se la sono cavata piuttosto bene. Quando, giustamente, il lavoro in studio si è fatto meno frequente per essere sicuri di pubblicare qualcosa solo se ne valesse davvero la pena, il quintetto di York è rimasto sulla cresta dell’onda con tour memorabili, con performance sempre di altissimo livello e una fanbase tra le migliori in circolazione. Adesso che il trentennale della carriera è già stato festeggiato a dovere con il primo numero 1 in classifica e stanno per arrivare tante date live che infiammeranno tutto il Regno Unito, è il momento di pagare il nostro tributo a questa band fenomenale con la nostra tradizionale Top 10 celebrativa.

10. Kissing California
2024, da “A Matter Of Time”

Con una formazione parzialmente rinnovata, gli Shed Seven decidono di percorrere strade nuove, per non rimanere fossilizzati dal punto di vista stilistico e cercare di mantenere sempre alta l’attenzione dei fan, con canzoni particolarmente attente all’aspetto ritmico e alle sfumature sonore. L’intento è lodevole e il risultato più che soddisfacente, certo siamo un po’ sotto ai livelli migliori, ma ci può assolutamente stare e certamente queste canzoni hanno tutto per intrattenere a dovere gli spettatori dei concerti. Includo, quindi, volentieri uno di questi brani nella classifica, anche se preferisco scegliere quello più simile al repertorio passato, perché, insomma, senza troppe spiegazioni, mi piace di più.

9. Cry For Help
2001, da “Truth Be Told”

Dopo tre dischi ineccepibili, qui iniziano a vedersi i primi, piccoli, segni di calo. Siamo, comunque, ancora su una discreta qualità, con alcuni momenti, tra cui questa ballata intensissima, che non hanno nulla da invidiare a quel trittico meraviglioso. Questa canzone non fa mai passare la voglia di essere ascoltata e cantata un numero incalcolabile di volte, per come rende al meglio il concetto di catarsi, di abbracciare in pieno la propria sofferenza e non averne né vergogna, né paura, per passare oltre a essa e tornare a vivere.

8. Speakeasy
1994, da “Change Giver”

Canzone fondamentale per il percorso della band, visto che ha fatto in modo di portare molte attenzioni sul nome Shed Seven, e non poteva essere altrimenti, visti gli indubbi punti di forza come la melodia, il carismatico timbro vocale, il seducente tocco glam delle chitarre, un groove ritmico contagioso, un testo semplice ma perfetto per un brano di questo tipo. Certo è una canzone particolarmente legata a una certa epoca, quella della Cool Britannia, però possiamo dirlo che quello stile è invecchiato meglio di molti altri? Io lo dico con forza, e con altrettanta convinzione includo “Speakeasy” in questa celebrazione.

7. Devil In Your Shoes
1998, da “Let It Ride”

I lacrimoni. Mi piacerebbe poter usare solo queste due parole per descrivere questo brano commovente e spiegare perché non potevo escluderlo dalla classifica. È un abbraccio incredibile, grazie alla rotondità sia melodica, che vocale, che degli arrangiamenti (eccellente l’uso dei fiati), che di un testo per il quale viene particolarmente facile sviluppare empatia. E così si sprofonda in questo abbraccio e ci si lascia andare alla commozione più sfrenata, quella proprio che erompe come un fiume in piena.

6. Where have you been tonight?
1996, da “A Maximum High”

Si torna a spingere sull’acceleratore, ad alzare i decibel e a cercare la catarsi per uscire da un vicolo cieco fatto di frustrazione e disagio. L’unico modo per farlo è darsi una scossa e cacciare via in malo modo chi vuole impedirci di tornare a essere vivi. Lo stato di cose descritto nel testo è rappresentato perfettamente da linee di chitarra rabbiose, da un cantato in perfetto equilibrio tra pulizia e asprezza e da una parte ritmica che, correttamente, non vuole strafare perché gli elementi appena menzionati bastano allo scopo e includere altri aspetti caratterizzanti risulterebbe sovrabbondante. Così, il risultato finale è la miglior botta di adrenalina possibile.

5. Better Days
2017, da “Instant Pleasures””

Voglio un bene dell’anima non solo a questa canzone, ma a tutto questo disco, e mi dispiace di rappresentarlo con un solo brano, ma non avevo scelta purtroppo. Ritrovare gli Shed Seven in forma smagliante dopo tanti anni anche su disco fu una gioia incredibile, tra l’altro nel momento più difficile della mia vita, ma questo è un aspetto che riguarda solo me, mentre invece la bellezza di questo disco riguarda tutti. In particolare, la canzone qui presente è un magnifico esempio di romanticismo, nel senso più ampio del termine, perché ciò di cui il narratore sente la mancanza nel testo può essere qualunque cosa, non necessariamente un amore perduto, ma in ogni caso la mancanza viene presa come spunto da cui ripartire ed essere convinti che migliorerà, anche qui non si sa cosa, ma migliorerà, ci saranno giorni migliori, e cosa c’è di più romantico di questo? Ovviamente, la parte musicale e vocale sono perfette per valorizzare questo testo da pelle d’oca, con la presenza di molti strumenti ma tutti usati con parsimonia e un Rick Witter particolarmente intenso e espressivo alla voce.

4. Dolphin
1994, da “Change Giver”

Parlavo di attenzione alla parte ritmica già per alcuni brani di questa classifica, ma il miglior esempio di questa caratteristica degli Shed Seven sta indubbiamente in questo brano, caratterizzato soprattutto dalla stupenda linea delle percussioni, dalla quale traggono una grande spinta le rasoiate di chitarra e un cantato che appare particolarmente vitale e libero da schemi precostituiti. Una canzone perfetta per ballare, negli indie club come ai concerti, ma capace di non perdere un grammo di efficacia anche quando viene semplicemente ascoltata, perché ha una forza interiore davvero prorompente.

3. Bully Boy
1996, da “A Maximum High”

Devo ammettere che sono sempre rimasto un po’ a corto di spiegazioni per quella sorta di cultura della rissa e, in generale, del litigio coi fatti, che trovo spesso quando si parla di Regno Unito. Sui media, questo aspetto emerge nel caso di episodi legati alle partite di calcio coi cosiddetti hooligan, ma qualunque racconto, vero o inventato, ambientato in terra d’Albione negli ultimi sessant’anni non sfugge da questo elemento. Una band così vicina alla gene come gli Shed Seven non poteva che realizzare una delle proprie migliori canzoni proprio lasciandosi ispirare dal mettersi le mani addosso, e in particolare da una persona che dapprima le prende, e poi deve trovare la forza per darle indietro. In ogni caso, la ritengo una delle migliori anche, e soprattutto, per la musica, con quel giro di chitarra iniziale che già attira tutta l’attenzione possibile, con l’accentuato dinamismo degli arrangiamenti, con la magnifica melodia vocale, con quel “I’ll fight you to the death” che riassume tutto, non solo di quesa canzone, ma di tutto ciò che sono gli Shed Seven.

2. Chasing rainbows
1998, da “Let It Ride”

Altri lacrimoni, ancora più copiosi, anche perché, per chiunque sia stato a un concerto degli Shed Seven, questo è il momento conclusivo che manda tutti a casa con il cuore gonfio di qualunque emozione possibile, ed è giusto così, perché un brano così epico e coinvolgente deve fare questo, e “Chasing Rainbows” lo fa nel migliore dei modi. Quella strofa morbida e avvolgente che sfocia in quel ritornello così perfetto, e il solo di chitarra assolutamente devastante, e il tripudio finale, come si fa a non sospirare e, in quel sospiro, veicolare dentro di sé tutti i momenti della propria vita? Non si può non farlo, è inevitabile, e questa canzone non lascerà mai indifferenti.

1. On Standy
1996, da “A Maximum High”

Altra canzone che sfrutta molto bene un inizio particolarmente azzeccato, con quella combo chitarra e voce che inizia con circospezione per poi accelerare nel momento perfetto e dar via a un turbine irresistibile di melodia, arrangiamento mai statico, magnetismo vocale ai massimi livelli, un testo dal significato più sfuggente rispetto a molti altri, ma dall’incredibile potere evocativo e che alla fine rivela ciò che vuole dire declamando senza mezzi termini “and there’s proof that we did wrong tonight”. Sicuramente, dal punto di vista strettamente musicale, altre canzoni possono gareggiare con questa per la posizione numero 1, ma dal punto di vista dell’interpretazione vocale e della profondità del testo, “On Standby” vince a mani basse, ed è giusto che occupi il gradino più alto.