A prescindere da qualsivoglia considerazione di tipo prettamente musicale dettata più o meno dal gusto soggettivo, trovo scorretto scrivere questa recensione senza partire dal punto fondamentale della faccenda: il progetto iamamiwhoami ha rivoluzionato il mondo musicale.

Ok, specifichiamo: non siamo ancora nell’ambito del suono, delle melodie, ma nel girone delle strategie di marketing. A meno che non abbiate vissuto in una caverna negli ultimi tre anni, sicuramente avrete sentito parlare dell’anonimo e misterioso progetto in questione. Ebbene, qualora abbiate perso qualche passaggio di questa intricata storia, il sunto è il seguente: la svedese Jonna Lee, fino a tre anni fa una versione scandinava sfigata di Feist, abbandona in toto il proprio passato musicale nonchè il rassicurante immaginario pop-folk proposto per unirsi a un team creativo composto, tra gli altri, dal produttore Claes Björklund e dal regista Robin Kempe-Bergman, per dar vita a un progetto multimediale di musica e videoclip. La tattica scelta per pubblicizzare il prodotto è apparentemente la più semplice, ma portata all’ennesima potenza: anonimato e raffiche di virali. Il web si interroga sull’identità  della bionda protagonista dei video, si cominciano a fare nomi, si parla di Trent Reznor, dei Knife, dei Goldfrapp, di Chris Cunnigham, c’è ancora gente che crede si tratti di Christina Aguilera. Escono i primi singoli, perle synthpop accompagnate da piccoli cortometraggi di rara bellezza; l’immaginario proposto, neanche tra i più innovativi (paesaggi bucolici, mandragore, miti scandinavi) è studiato talmente bene da riuscire a catturare l’attenzione di tutto il web, nonchè della Cooperative Records, che finalmente a tre anni dall’uscita del primo virale offre ad iamamiwhoami la possibilità  di pubblicare l’album di debutto.

A inizio febbraio 2012 viene annunciata, sempre tramite YouTube, una nuova serie di canzoni e video, pubblicati a intervalli bisettimanali, che andranno a comporre l’esordio discografico della biondissima svedese. “Sever”, primo estratto, vede la nascita di un nuovo filone narrativo i cui protagonisti sono come al solito Jonna Lee e una serie di ipertricotici antagonisti che la accompagneranno nel corso dei videoclip, forse visivamente meno sconvolgenti rispetto alla prima serie pubblicata ma sempre di un certo impatto. Musicalmente il territorio rimane quello della miglior musica leggera sintetica, della canzone pop perfetta, delle armonie ideali, quelle che su un pianeta perfetto sarebbero capaci di scalare ogni classifica e macinare hit. Seguono “Drops” e “Good Worker” ballabili uptempo electropop. “Play” alza il tiro, proponendo un’inedito chillwave caldo e avvolgente, a dispetto dei fulmini del relativo video, mentre in “In Due Order” torna il tema del divertissement sintetico. Ma è con le ultime uscite che il progetto spara le proprie cartucce più potenti, nella maestosa malinconia dream-pop di “Idle Talk”, nel progredire mutevole del downtempo “Rascal” e in “Kill”, che chiude enigmaticamente la serie di videoclip con un’altalenante synthpop vocoderizzato dalla lunga e sincopata coda. “Goods”, ultimo brano in lista, è slegato sia musicalmente che visivamente dagli altri brani senza tuttavia sfigurare al loro fianco: un saltellante disco-pop condito da synth assassini e campanelli vari. Cosa seguirà  non è dato sapere, nell’attesa possiamo solo godere di uno dei migliori dischi pop che siano stati scritti negli ultimi anni.

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Kin
[ Cooperative Music – 2012 ]
Similar Artist: Plannigtorock, Saint Saviour, The Golden Filter
Rating:
1. Sever
2. Drops
3. Good Worker
4. Play
5. In Due Order
6. Idle Talk
7. Rascal
8. Kill
9. Goods