è di nuovo venerdì e seguendo la traiettoria del volo di un moscone – dal ronzio più emozionante di tante cose sentite ultimamente – ho percepito l’esigenza, da parte dell’Universo, di sapere (anche) la mia sulle ultime pubblicazioni musicali del Belpaese; è per questo che, signore e signori, ho deciso di comunicare urbi et orbi il mio bollettino del giorno sulle nuove uscite del pop italiano. Sì, quel tragico, ribollente pentolone traboccante degli sguardi impietosi di chi dice che la musica nostrana fa schifo, di chi “parti Afterhours, finisci XFactor“, di “Iosonouncane meno male che esisti“, di “Niccolò Contessa ma quando ritorni“, di Vans, libri citati mai letti e film repostati mai visti che ogni venerdì rinfoltisce la sua schiera di capipopolo di cuori infranti con una nuova kermesse di offerte per tutti i gusti e i disgusti. Ecco, di questo calderone faccio parte come il sedano del soffritto, quindi non prendete come un j’accuse quello che avete letto finora: è solo un mea culpa consapevole ed autoironico – ridiamoci su! che una risata ci seppellirà , per fortuna, prima o poi – a preparare lo sfortunato lettore alla breve somma di vaneggi e presuntosi giudizi che darò qui di seguito, quando vi parlerò delle mie tre uscite preferite del weekend, e della mia delusione di questo venerdì. Sperando di non infastidire nessuno, o forse sì.

SPECIALE GREEN SELECTION

ELASI, Cocoricò

Elisa rientra nella mia personale cernita di “artisti del III millennio su cui puntare in vista di un IV millennio migliore“, dimostrandosi ad ogni nuova uscita capace di confermare le cose belle che, qualche mese fa, aveva già  mostrato di sapere proporre, a mò  di salvagente, alle nostre orecchie atrofiche e alla deriva, intorpidite da troppo rumore discografico. “Cocoricò” segna, a livello musicale, un passo diverso e allo stesso tempo in linea con il recente passato di Elasi, trovando il proprio coefficiente di qualità  nella scrittura di un testo denso, intelligente e necessario (vista la tematica di fondo) che oggi più che mai assume i connotati di una “chiamata alle armi” collettiva; un risveglio coscienziale che determina e rende ancor più evidente la distanza che intercorre tra prodotto culturale e prodotto discografico, stanziando saldamente Elasi nel primo, ormai desertificato recinto senza per questo privarla dell’afflato pop e deliziosamente “catchy” che da sempre ne caratterizza la proposta. La scena ha bisogno di musica che impegni sapendo, allo stesso tempo, disimpegnarsi da ogni intento retorico e moraleggiante; ecco perchè credo necessario incoraggiare, quanto più possibile, la musica di Elasi.

FRANCESCO PINTUS, Fuori Fase

Pintus è un nuovo nome a cui toccherà  (e lo dico con soddisfazione) ben presto abituarci; “Fuori Fase” incornicia con qualità  un esordio che viene da lontano, e che sembra ben intenzionato a spingersi oltre. Piglio cantautorale, ottimo sound curato dalla produzione di Grande e Paroletti (insomma, non proprio gente a caso) e una scrittura leggera che non conosce superficialità  – anzi: scende in profondità  nelle vite di ognuno. Il modo migliore per dire “esisto” dopo tanti anni di palchi e musica; ora, se son rose fioriranno. Fin qui, il profumo sembra meraviglioso.

IL COSA, Iato (album)

IL COSA è uno di quegli artisti che in qualsiasi bollettino starebbero stretti; refrattario ad ogni forma di “incatenamento musicale”, l’artista laziale conosce bene il significato della parola “indipendente” e si tiene ben lontano dalle deformazioni più “indie” del termine: “Iato” è una bomba ad esplosione non controllata che raccoglie, nella densa tracklist del disco, sei brani collegati da processi di lavorazione diversi, al fine di dare sfogo alle dimensioni potenziali della musica di IL COSA. “Razza d’idiota”, il brano manifesto, va ascoltato con cautela: potrebbe farsi foriero di mental breakdown inaspettati e pericolosi, a base di visioni distorte e per percezioni acide.

SPICCI, ALEAM, Venerdì

Un buon connubio fra pop vecchia scuola e nuove tendenze l’ultimo singolo di Spicci in collaborazione con Aleam; “Venerdì” gode di una buona scrittura che, fregiandosi di giochi di parole e incastri ritmici niente male, permette al brano di levarsi sul weekend di uscite, guardando dall’alto le tante uscite, al solito, della giornata di oggi. Aggiungendo al tutto un ottimo timbro vocale, quello di Spicci, che ben si sposa con il piglio rap di Aleam.

BOETTI, Blue

Torneremo sul disco d’esordio di Boetti presto, ma mi sembrava ingiusto non inserire il duo pratese nel bollettino di oggi; seguo i ragazzi toscani dal primo passo con “Psicomadre” e nel mio piccolo credo di essermi guadagnato (e se non l’ho fatto, me lo auto-arrogo qui) di “padrino” del loro progetto musicale. Ecco perchè all’uscita di “Blue“, qualche giorno fa, un po’ mi sono commosso: vedere i figli crescere fa bene e male allo stesso tempo, al pensiero di tutte le porte che si apriranno e di quelle che dolorosamente si sono dovute chiudere, per non perdere nemmeno un centimetro di autonomia ed indipendenza. Perchè queste sono le parole d’ordine di “Blue“, che come Boetti ostenta con rabbia un coraggio che oggi rasenta la follia, che domani – così mi auguro – potrà  tornare ad essere la norma.

BIO, MR. BRUX, Disordine

Non male il nuovo singolo di Bio con Mr. Brux per Lizard Music, che tirano fuori dal cilindro un brano in linea con lo slang della Gen Z e delle ultime svolte del mercato verso una trap-pop sempre più melodica e scanzonata, in cui l’autotune diventa (per fortuna) uno strumento espressivo e non più correttivo. Le liriche sono buone, e il ritornello si incastra per bene in testa, aprendo lo spioncino, per noi boomer (oggi si diventa boomer a ventisei anni), sui gusti e sulle direzioni generazionali che la musica italiana sembra aver intrapreso negli ultimi due anni, in maniera sempre meno sotterranea.

CARDO, Cult Pop (album)

Aspettavamo tutti da tempo il ritorno di Cardo, che negli ultimi sedici mesi ha fatto assaporare al pubblico l’idea di essere agli albori di una rivoluzione nuova, sì, ma dal sapore antico: Mirko recupera Grignani, Vasco e Carboni e li mushuppa in una tracklist densa di glam e genuinità  campagnola, in una “apologia della vanga” che predica il ritorno alla ruralità  senza perdere di charme. In aggiunta alle tracce già  pubblicate come singoli, Cardo inserisce in “Cult Pop” anche due brani inediti che ripercorrono le linee disegnate precedentemente (con tanto di outro strumentale), confermando la coerenza di un lavoro lungo e sudato – per quanto appaia, sin da primo ascolto, leggero e solare – che colloca Cardo tra i nomi indipendenti (nel senso più originario del termine) della nuova scena pop.

TERACOMERA, Controvento (album)

Ho un debole per la band toscana, che ormai seguo da qualche anno con crescente entusiasmo. Un’amalgama efficace di talenti musicali importanti nell’era in cui i PC sembrano aver sostituito, a colpi di campioni e sequenze, la musica “suonata” davvero: folk, funky, r&b, new soul e pop all’italiana si incontrano nel connubio di una scrittura musicale felice, che trova ulteriore slancio in testi non banali, quanto piuttosto efficaci e ben immaginifici nella loro violenta semplicità . Il timbro della voce serve a disegnare atmosfere impreziosite dal ricorso a strumenti che oggi sembrano essere sempre più inusitati (provate a dirmi qual’è l’ultimo disco italiano in cui avete sentito suonare un didgeridoo), alla ricerca di un’identità  estetica che in “Controvento” si illumina di connotati unici, e finalmente utili a lenire tutta la mediocrità  degli ultimi venerdì.

RAZE, Natura Madre

Un Ep? Un singolo allargato? Lui lo definisce un “maxi-singolo”, e in effetti sembra essere l’epiteto più opportuno per un lavoro che si avvicina alla suite, dividendo (forse per comodità  discografica) in tre parti un concept lungo un quarto d’ora di autoriflessione e confessione a cuore aperto – tanto a cuore aperto, da diventare di tutti. “Arcipelago”, “Quando il sole piange” e “E’ bello se (feat. Flavia)” raccontano di vite che si trasformano, equilibri che cambiano e disperati tentativi di ritorno all’essenza (come direbbe il maestro Battiato): i due estremi (prima e terza traccia) si collegano attraverso il ponte strumentale del brano mediano, dando al tutto la giusta dimensione in fieri che rende ancor più preziosa la narrazione di “Natura Madre”.

NEON, Qualche foto

Seguo Luca da tempo, e da tempo credo che abbia cose da dire tali (e in un tal modo) da rendere di spessore ogni sua nuova uscita. “Finto”, qualche anno fa, è stata la mia fissazione per mesi e oggi “Qualche foto” conferma le belle sensazioni destate sin dagli esordi da un progetto versatile, capace di spaziare dalla trap al pop fino al reggaeton senza perdere d’ispirazione. Il fulcro della ricerca di Neon sta nella scrittura, è evidente, ma anche il timbro vocale non scherza, in linea con un mercato sempre più attento a vocalità  “duttili” come quella di Luca. Certo, l’ho forse preferito in altri vesti musicali, ma questo nulla toglie alla qualità  di un talento che merita di essere valorizzato.

ATOMI, Tutte quelle cose

Evoluzione verso un pop ancora più scanzonato, quello del nuovo brano degli Atomi, duo giovanissimo pugliese con le idee chiare. Il timbro vocale (che, non so perchè, continua a ricordarmi, anche al terzo ascolto, il buon Fadi) è il vero perno di rotazione di un brano che gira benissimo seguendo l’asse di un mercato in costante trasformazione; l’orbita degli Atomi sembra circumnavigare la tradizione italiana partendo da Neffa per arrivare a Galeffi, senza arenarsi però su derive emulative. Vista anche l’anagrafe, la qualità  del tutto merita di essere incoraggiata. Bravi.

RAGAZZINO, Ti capita mai

Ritorna anche Ragazzino, che con “Ti capita mai” scava nel passato e pianta le radici nei suoi dolori per slanciare i rami verso direzioni nuove; il linguaggio è quello del pop contaminato dal rap e da una certa propensione al new soul di stampo americano (anche se, nella trasposizione italiana del tutto, sul ritornello echi di Ermal Meta escono prepotenti), la qualità  di scrittura di certo merita di essere sottolineata. Tuttavia, la voce non risulta a mio parere valorizzata come si sarebbe potuto fare in fase di mix, lasciando in bocca (e sopratutto nelle orecchie) la sensazione di un atto mancato che comunque non toglie credibilità  e dignità  ad un lavoro nel complesso ben fatto.

PICCOLI BIGFOOT, Se se se

Secondo singolo per Piccoli Bigfoot, che in “Se se se” mescolano i TARM allo Stato Sociale ricordando – a tratti – persino Brunori Sas, creando un’inedita amalgama tra canzone d’autore, folk e balera; a colpire, oltre la musica (che di per sè risulta già  una mosca bianca nel panorama pop di oggi; e ben vengano, “‘ste benedette mosche bianche!), è l’immaginario di un progetto che convince per identità  e, finalmente, originalità . Anche se pesca a piene mani dalla tradizione, l’alchimia che ne deriva resta comunque identitaria, appunto, e tremendamente convincente. Ne sentiremo parlare. Almeno, si spera.

LUKA SENSI, Schedine

Non male il nuovo singolo di Luka Sensi, che in “Schedine” rispolvera un it pop alla Gazzelle e Coez mantenendo il piglio scanzonato del mainstream senza risultare stucchevole grazie all’identità  di un timbro convinto, che convince. La scrittura del brano permette al climax delle strofe di esplodere in un ritornello da “hit estive” che alleggerisce il peso specifico di un brano comunque denso; uno specchio malinconico sulla deriva di una generazione appesa alla speranza di un jackpot per potersi reinventare lontano da tutto il grigiore di questa quotidianità .

CAROLA, KLAVIER, Prendere o lasciare

Echi di reggaeton mescolati ad un linguaggio pop “all’italiana” che richiama agli anni Ottanta di Canzonissima; il nuovo brano di Carola riesce a regalare alla hit parade italiana un pizzico di sprint in più, attraverso un brano rabbioso e carico di energia. Una vocalità  potente, che si esalta proprio nelle sue fasce estreme: la “grana” si fa sentire sulle basse, rivelando una buona attitudine da contralto, senza per questo perdere d’intensità  sul tirato delle alte. Insomma, un ottimo strumento vocale utile a rendere ancora più convincente la struttura già  di per sè accattivante del brano.

RICKY FERRANTI, Nuovi Eroi

Vabbè, e se un brano parte con quell’urlo rabbioso di chitarra come faccio a non inserirlo nel mio bollettino? Ricky, che abbiamo già  avuto modo di conoscere qualche bollettino fa, è uno che fa ancora le cose come una volta – col cuore. Ci vuole cuore (e coraggio, o follia discografica) per fare rock oggi; nel risveglio delle coscienze di cui parla Ferranti ammiccano nuovi eroi che ricordano, allo stesso tempo, vecchi maestri (ma lo sento solo io, questo Roby Facchinetti che esce prepotentemente fuori sul ritornello?). Un melpot riuscito, che illumina a colpi di distorsore il weekend.

I RAGAZZI DEL MASSACRO, …and Johnny left the gun (album)

Secondo disco per I Ragazzi del Massacro, che in “…and Johnny left the gun” recuperano le sonorità  post-rock degli anni Novanta (non lesinando qualche eco di new wave del decennio precedente, sopratutto nelle scelte delle melodie) che aiuta a svegliare le membra intorpidite dall’ennesimo weekend discografico. Un EP denso e suonato, che urla tutta la rabbia di una generazione che non ha smesso di cercarsi al centro della notte. Anche se Johnny ha lasciato la pistola, la battaglia – per I Ragazzi del Massacro – sembra ben lungi dall’essere terminata.

FABRI, Here Tonight

Niente male anche il nuovo singolo di Fabri, che in “Here Tonight” riscopre la ballad attraverso una produzione intelligente, chiaramente orientata ad un mercato evidentemente internazionale. Il timbro dell’artista aiuta la delicatezza di melodie e scritture a prendere il volo, ricordando un po’ The Lumineers, un po’ John Mayer. Il tutto, attraverso una proposta che gode di una propria dimensione eminentemente identitaria.