Il ritorno dei Balmorhea a Roma a distanza di un anno dal concerto, per pochi intimi, avvenuto la volta precedente all’Init, è stato in forse sino alle ultime ore. Non parlo di tutte le peripezie che hanno passato gli organizzatori del evento, che stanno attraversando un periodo difficile e che spero si possa risolvere al più presto. Visto anche il merito che hanno di riportare nella capitale, la band texana, che con il passare degli anni sta avendo sempre un maggior seguito. Con un pubblico molto più numeroso della prima volta romana, i Balmorhea suonano nella Locanda Atlantide in condizioni particolari. L’inizio del concerto avviene in tarda notte, e gli spettatori attendono seduti ma frementi l’avvio dello spettacolo.

La set list proposta per la serata è molto breve: 45 minuti scarsi e 7 brani eseguiti. Con una scaletta striminzita, però in compenso i Balmorhea cercano di tenere sempre il ritmo alto della serata, proponendo dei brani movimentati, sopratutto quelli nuovi. Difatti, già  dal tour dello scorso anno, la formazione di Muller e soci, sta virando il proprio sound verso una forma più collettiva, in contrasto all’ultimo lavoro in studio “Constellations” pubblicato nel 2010.

“Clamor” apre la serata, accompagnato da una pessima acustica, che però non rovina l’energia che ci mette tutto il gruppo. Primo brano eseguito, che segna a parere mio, il nuovo corso che la band sta attuando e che con molta probabilità  scopriremo nel prossimo album che realizzeranno. Il pubblico già  da subito apprezza. Come secondo pezzo, arriva il momento di “Settler”, brano iniziale del bellissimo album “All Is Wild, All Is Silence” del 2009. Qui il sound sembra riportarci nella terra di origine dei Balmorhea, tra claps, battiti sul pavimento, ed una grande energia che sprigionano i ragazzi sul palco. I toni scuri arrivano con “Night Squall”. Ma è solo una breve parentesi della serata movimentata che assistiamo. L’atmosfera sembra scaldarsi gradualmente, ed ecco arrivare il turno di un altro brano del loro repertorio, ovvero “Harm And Bloon”. Qui il clima si fa più intimo, tra il pianoforte e gli arpeggi iniziali della chitarra. Poi l’attacco di tutta la band, ed un trasporto che entra in sala. Successivamente arriva il turno di “Candor”, brano quasi in stile ambient, pubblicato lo scorso anno nel singolo assieme a “Clamor”. Ma la versione dal vivo del pezzo acquisisce nuova energia. Una band quasi tutta raccolta a suonare lo xilofono, un’atmosfera ipnotica, con un crescere di intensità  minuto dopo minuto. Sicuramente il pezzo migliore della serata.

Colpisce poi la capacità  di questo collettivo di scambiarsi gli strumenti, quasi a rotazione, nel bel mezzo di un pezzo. Una duttilità  che da i suoi frutti sicuramente sulla qualità  dei loro lavori. Messa in evidenza ancor di più nel brano inedito eseguito successivamente. Anche questo è un pezzo pieno di energia, quasi ossessiva, di chitarre, violini e di una grande sezione ritmica. La conclusione, quasi a sorpresa per il pubblico, avviene con “Unitled”, altro nuovo pezzo contenuto nel loro concerto da poco pubblicato, intitolato “Live at Sint-Elisabethkerk”. Ed anche qui, il brano sembra infiammare l’atmosfera della serata. Ma è solo un lampo. I Balmorhea salutano senza un bis il pubblico, visto l’ora (tarda) che si è fatta. E’ tutti, un po’ amareggiati per la durata della loro esibizione, tornano a casa.

Foto Thanx to Gabriele Negri NimahelPhotoart