#20) MECNA
Blue Karaoke
[Universal]
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Nel complesso mi sento di additare a B.K. la capacità  di essere un disco notturno e allora per puro esercizio di stile parafraso Kafka, che si è fatta anche una certa e so che apprezzerete: Se non posso inseguire le storie attraverso le notti, si sgretolano e scompaiono. Mecna nel disco riunisce le storie, “Blue Karaoke” è una finestra su un cortile che si affaccia su proposte, amori, disturbi e risentimenti.

Brani come “Pratica”, “Bugie” e “Hotel” ci rompono, ci fanno giudicare dall’esterno quello che siamo e raramente ci lasciano intatti.
Mecna è un cantastorie, uno che sa disegnare labirinti, tocca a noi mettere dentro il nostro personale Minotauro, per provare a sconfiggerlo.
[Gianluigi Marsibilio]

#19) ENDRIGO
Giovani Leoni
[Ammonia]
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Un disco come “Giovani Leoni” può essere pedagogico per tutta la scena musicale italiana. Si focalizza proprio su ciò che va riscoperto, da molti, ovvero quel desiderio di andare verso terre musicali inesplorate o almeno assolutamente personali.
“Everything on the surface of the world is so chaotic right now, so there’s a desire to access a place that’s more uncharted” ha scritto Melissa Broder che ha centrato esattamente il punto: bisogna riappropriarsi della curiosità , proprio quella che spinge fuori dal recinto dei soliti ascolti.
Allora quale occasione migliore di entrare in un locale, in un club o in un capanno e trovare un gruppo come gli Endrigo?
[Gianluigi Marsibilio]

#18) DISH-IS-NEIN
Dish-Is-Nein
[Contempo]
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Dish-Is-Nein è entità  gotica, solenne e maestosa (“La Chiave della libertà “), industriale, robotica (“Toxin”), oscura, cupa, sulfurea (“L’ultima Notte”), pesante, marziale, cattiva, spietata (“Macht Frei”), metallica, rabbiosa, incalzante (“Eva”), funerea e apocalittica (“Finale”). Dish-Is Nein è Allen Jourgensen che incrocia Martin Gore, è l’estasi di Trent Reznor che si sublima in Dejan Knez. Produce un Cristiano Santini in stato di grazia assoluta, con una cura ai suoni pazzesca: se abbiamo la pelle d’oca è merito suo. Partecipano anche Valeria Cevolani (voce storica dei Disciplinatha), Justin Bennet, batterista degli Skinny Puppy e, ancora, il Coro Alpino di Monte Calisio.
[Riccardo Cavrioli]

#17) GIORGIO CANALI & ROSSOFUOCO
Undici canzoni di merda con la pioggia dentro
[La Tempesta]
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Serve un album così, serve per mettersi negli occhi di uno che ne ha viste tante, che ha visto il cambiamento, che ha prodotto anche le nuove leve, come Vasco Brondi nel progetto Le Luci della Centrale Elettrica (da poco la notizia della fine del progetto) o i Verdena, politicamente sempre sul pezzo (come con il progetto con i Post-CSI, “Breviario Partigiano”) per rendersi conto di una realtà  ben diversa da quella cantata oggi. Una lieta disperazione, che serva ad accendere fuochi (“Fuochi Supplementari”).
[Massimiliano Barulli]

#16) FRANCESCO DI BELLA
‘O Diavolo
[La Canzonetta]
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L’interpretazione di Francesco Di Bella è magistrale, il punto di forza che emerge maggiormente in questo disco, sta proprio nella sua capacità  comunicativa, nel suo mettersi a nudo pur non parlando praticamente mai in prima persona di sè stesso. Accade anche nella conclusiva ed enigmatica “Notte senza luna”.
A conti fatti, si tratta di un disco che può ottenere un buon risalto nel panorama cantautorale odierno, un salto in avanti rispetto al pur dignitoso e godibile lavoro che l’aveva preceduto.
[Gianni Gardon]

#15) A TOYS ORCHESTRA
Dub Lub
[Ala Bianca]
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Si confermano dei fuoriclasse della canzone gli A Toys Orchestra di Enzo Moretto. L’ensemble salernitano è al solito affiatatissimo e di album in album porta alta la bandiera tricolore non sfigurando al cospetto di esponenti internazionali di un genere mai passato di modo come il pop rock d’autore venato di psichedelia. Sono composizioni raffinate e lunari, in grado di ammaliare e riscaldare i cuori.
[Gianni Gardon]

#14) RICCARDO SINIGALLIA
Ciao Cuore

[Sugar]
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Un disco distante dai miei ascolti che proprio per questo ha avuto la capacità  di spezzare in un modo assurdo ogni preconcetto. Sinigallia sa suonare, produrre, scrivere e con questo disco ha la capacità  di scrivere tutto in modo urgente, necessario per lui che compone e per noi che ascoltiamo.
Rara bellezza.
(Gianluigi Marsibilio)

#13) CALIBRO 35
Decade
[Records Kicks]
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Una sorpresa quasi inaspettata, dopo “S.P.A.C.E.” che, sinceramente, mi aveva un po’ deluso questo “Decade” fa l’opposto, prende ciò che era conosciuto dei Calibro, ovvero il cinematic funk è lo butta via (metaforicamente parlando) per far spazio a qualcosa di originale e più bello da sentire, consiglio di vederli live, “spaziali”.
(Gioele Maiorca)

#12) VERANO
Panorama
[42 Records]
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Verano, al secolo Anna Viganò, stupisce per la sua semplicità . Un dream pop elettronico, con inserti di chitarre ed effetti synth retrò anni ’80. Il panorama che offre il disco, parafrasandone il titolo, è un viaggio introspettivo fatto di fragilità , stati d’animo, sana malinconia e relazioni amorose. Ed in men che non si dica ci si allinea con il mood dell’album, restandone inevitabilmente rapiti.
Catturante.
(Bruno De Rivo)

#11) MARIA ANTONIETTA
Deluderti
[La Tempesta]

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Un disco verità  quando arriva è facile da riconoscere: Maria Antonietta ha portato se stessa in un’altra dimensione artistica, come anche nel live ha mostrato nel suo giro della penisola. La sua figura si erge completa e complessa in un disco che è cucito su delle emozioni piccole, eterne, profonde. “L’ira del leone è la saggezza di Dio” probabilmente la cantautrice ha finalmente riversato tutto questo in un suo disco.
Un album così, nel corso dell’anno, diventa un vero fratello.
(Gianluigi Marsibilio)

#10) RUMOR
Ti Ho Visto Ad Alta Voce
[Junkfish Records]

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“Ti ho visto ad alta voce”, esordio sulla lunga distanza di Elia Anelli e Marco Platini, è un album che mette insieme stili diversi amalgamandoli in modo non banale nè scontato. Elettronica, synth pop e pop contemporaneo si rincorrono in dieci brani di grande intensità . I Rumor sono cresciuti, stanno crescendo, cresceranno ancora.
(Valentina Natale)

#9) CALCUTTA
Evergreen
[Bomba Dischi]
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Che piaccia o no, Calcutta è uno dei personaggi di spicco del nuovo cantautorato italiano. Dopo I Cani è diventato il crocevia di un nuovo genere. Paraculo al punto giusto, un misto tra “c’è o ci fa”, ma ha capito bene come arrivare al suo pubblico, riempiendo stadi, arene, palazzetti. Può piacere o no, ma gli va riconosciuto che il secondo album, gravato da enormi (forse troppe) aspettative, ha poco da invidiare al primo. Il percorso alla VascoRossizzazione sta procedendo bene.
(Massimiliano Barulli)

#8) CASO
Ad Ogni Buca
[To Lose La Track]

Manca poco, ma passati i trent’anni andrò a ripescare “Ad ogni buca” per sentire qualcuno che canta per me, di quanto possa essere una rottura svegliarsi la mattina tra mille pensieri e di quanto non ci sia mai fine alla sfortuna. Un disco per tutti, ma, credo, pensato per una generazione alla quale non canta più nessuno. Tutti troppo concentrati ad ascoltare qualcosa che non faccia pensare, senza lasciare nulla dietro.
(Massimiliano Barulli)

#7) GENERIC ANIMAL
Generic Animal
[La tempesta dischi]
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Luca ha dimostrato che l’età  non conta, quando si ha un’idea, un modo di fare, una sonorità  che gira in testa e, soprattutto, delle eccellenti qualità  artistiche. Album d’esordio perfettamente riuscito.
(Massimiliano Barulli)

#6) AVION TRAVEL
Privè
[Musicacè]
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Quindici anni di relativa assenza dalle scene discografiche e un grave lutto (la morte del chitarrista Fausto Mesolella) non hanno scalfito la dolce ironia della Piccola Orchestra, che torna a farsi largo in un panorama musicale frammentato e difficile come quello odierno. “Privè” conferma la grande qualità  artistica e umana degli Avion Travel: avventurosi negli arrang iamenti, passionali e poetici nei testi, con un orecchio al presente e uno al passato.
(Valentina Natale)

 

#5) MOTTA
Vivere o Morire
[Sugar]
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Ho sempre avuto un’idea negativa di Motta, e non so spiegarmi nemmeno il motivo. Lo trovavo sopravvalutato, altezzoso e il disco d’esordio troppo sotto i riflettori. Mi sono riproposto di cercare, quantomeno, di ascoltarlo con più attenzione. “Vivere o morire” ha chiaramente smentito ogni singolo parere negativo che avevo. Con «di cambiare accordi non me ne frega niente» ho abbassato le difese e per come suonano ho gettato le armi e mi sono arreso.
(Massimiliano Barulli)

#4) NU GUINEA
Nuova Napoli
[NG Records]

Lucio Aquilina e Massimo Di Lena hanno dato vita a quello che è definito, indubbiamente, il disco italiano dell’anno a furor di popolo. E viene da Berlino, dove il duo si è trasferito dopo diversi trascorsi tra minimal, tech-house e underground dei progetti precedenti. La città  che vediamo scorrere, in “Nuova Napoli”, è un revival moderno di Tullio De Piscopo, Eduardo De Filippo, Pino Daniele racchiusi in un funk dal respiro più internazionale che mai. Le virate stilistiche tra jazz ed estetismi di house raffinata, i coinvolgenti vocal che rievocano il canto tra le strade, come affacciarsi ad una finestra a fotografare le istantanee della vita in un rione storico. “Nuova Napoli” fa centro dentro quel mondo che racconta, esportando un nuovo dictat di unicità  anche, e sopratutto, al di fuori.
(Giovanni Coppola)

#3) SETTI
Arto
[La Barberia Records/Vaccino Dischi]
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C’è un tizio, in America, Paul Bunyan, che da più di cento anni fa parlare di sè. è un boscaiolo, un folk-hero: un uomo forte, alto più di due metri, vestito con una camicia a quadri e con la barba folta. Si racconta abbia scavato il Grand Canyon con un rampone da taglialegna e di aver dato vita al Mississippi per far abbeverare il bue azzurro che lo accompagna sempre, Babe. Come Paul Bunyan, Setti vuole «Un cuore di legno, col cristallo se cade non ci fai molto, allora io cerco un cuore di legno » (“Legno”). “Arto” scorre veloce, in meno di mezz’ora ha detto tutto; ma se con il fumo di una sola sigaretta, Paul ha creato le Great Smokey Mountains, Setti in dieci brani ha colpito nel profondo.
(Massimiliano Barulli)

#2) BAUSTELLE
L’amore e la violenza vol. 2
[Warner]
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Il secondo capitolo della saga Baustelle è forse anche migliore del precedente, e li conferma per l’ennesima volta sovrani incontrastati del panorama musicale italiano.
(Giulia Zanichelli)

#1) ANY OTHER
Two, Geography

[42 Records]
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Primo posto meritato perchè sostanzialmente penso che ad Adele Nigro non manchi nulla per competere con le sue più nominate colleghe estere e allora preso da una botta di patriottismo dono la testa della classifica proprio a Any Other, un progetto che nel corso degli anni ha saputo spiazzare e stupire, sempre in un modo assolutamente positivo. Adele gioca in un modo meraviglioso con la sua cultura musica e registra un disco in cui fluisce bellezza pura.
Any Other non ha paragoni.
(Gianluigi Marsibilio)