Nonostante siano venuti diverse volte in Italia, ammetto di non aver mai intercettato i Chemical Brothers dal vivo, forse perchè, inconsciamente, non sono proprio la mia tazza di tè, in realtà  stiamo parlando, libri di scuola alla mano, di uno dei progetti più importanti degli ultimi venticinque anni. Capaci di inventare un suono tutto loro e talmente avanti da risultare freschissimi e attuali anche suonando, oggi, un loro disco a caso uscito negli anni novanta, penso a quel capolavoro di “Surrender”, tanto per citarne uno. Senza se e senza ma, almeno una volta vanno studiati, capiti e visti in concerto. Quello che più mi incuriosiva era l’allestimento dello show, quindi l’adeguato mix tra suono, visual e luci, con una produzione sempre all’avanguardia anche da questo punto di vista.

Puntualissimi anche discograficamente parlando, in quanto in tour per presentare l’ultimo disco “No Geography” (il nono della saga), uscito quest’anno, ma con talmente tanta roba che scotta che tutto trattasi tranne che di un giro promozionale, bensì un obbligato ‘best of’ con dentro i cavalli di battaglia che li hanno portati così in alto, fin da subito, dall’esordio con “Exit Planet Dust” nel 95.

21.30 spaccate inizia di fatto un vero e proprio rave, un viaggio quasi infernale a livello di volumi dove gli straordinari visual la fanno da padrone e non servono solo i soldi per allestire tutto ciò, ma gran gusto, capacità  da fuori classe e un filo di incoscienza per non essere nè passato, nè presente, ma solo futuro, sempre un passo avanti, numeri uno, c’è poco da aggiungere.

Un forum di Assago sold out è la cornice perfetta per uno spettacolo di queste proporzioni, una vera e propria esperienza sonora e visiva quasi al limite della percezione umana (meglio stare leggeri a cena) e, come detto sopra, con dentro un po’ tutte le canzoni giuste per celebrare l’imminente quarto di secolo del sodalizio chimico. L’iniziale “Go” (ottimo singolo della seconda parte del loro percorso) e, in ordine sparso, primizie come “Galvanize”, “Saturate”, “Got to Keep on”, “Swoon”, ovviamente passando poi per gli inni generazionali “Hey Boy, Hey Girl” e “Block Rockin’ Beats”, francamente pezzi così forti da capitare una volta nella carriera di un artista, tutt’ora oggi straordinari. Due ore precise di magma sonoro psichedelico, quanto extraterrestre.

Un live set geniale, geometrico, di fatto perfetto; acufene assicurato per i prossimi tre mesi, ma ne è valsa la pena.