20. STELLA DIANA
Nothing To Expect
[Vipchoyo / A State of Flux]
La nostra recensione

Le architetture sonore degli Stella Diana sono amorevolmente oscure, in bilico sulla sottile e pericolosa cresta di un vulcano, il quale, come un antico e dimenticato dio, sembra dormire, mentre, in realtà , sta assorbendo tutte le ossessioni, le fobie, le assurdità  e le contraddizioni del mondo globale di cui siamo parte e che, con i nostri comportamenti, spesso maniacali, violenti e superficiali, contribuiamo a rafforzare, rendendo sempre più tortuoso, morboso e claustrofobico il nostro futuro.
(Michele Brigante Sanseverino)

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19. NERO KANE
Of Knowledge and Revelation
[Subsound Records]
La nostra recensione

Esploratore che non attraversa i mari o i cieli, non si perde negli abissi del cosmo, ma si muove in un ambito altrettanto misterioso, ignoto, pericoloso ed estasiante che è quello delle nostre coscienze, del fallimento e della rinascita, della perdita e del riscatto, tra santi e lacrime, amare e peccaminose prigioni che sono, contemporaneamente, dimore di preziosa speranza per un’anima solitaria che brama comprendere sè stessa, nonchè l’origine nascosta e il significato della propria forza e delle proprie debolezze. Nel frattempo non ci resta che lottare, resistere, guarire, apprendere, chiedere, ispirarsi, lasciando che un poema sonoro intriso di ambientazioni post-rock e no-wave, gotiche e psych-folk, di chitarra e di piano, di synth e di voce, di echi remoti e distorsioni terrene prenda forma dentro e fuori di noi.
(Michele Brigante Sanseverino)

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18. ALIX
Last Dreamer
[Go Down Records]
La nostra recensione

La voce di Alice Albertazzi catalizza l’attenzione ma non a scapito di una sezione ritmica particolarmente ispirata, capace di tirar fuori in meglio dal blues elettrico di “Empty Space” mentre la chitarra di De Palma è la vera protagonista di “Sweetly Waiting”. L’anima stoner degli AliX cede il passo ad influenze decisamente classic rock, dai Jefferson Airplane e Janis Joplin fino ai The Doors. “Light Is On”, “Crash” e “Why Don’t You” confermano che il quartetto gode di buona salute e vanno a formare un finale magnetico, vissuto, esplosivo. “Last Dreamer” è un viaggio nella notte a fari spenti, ammalia con classe.
(Valentina Natale)

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17. CARA CALMA
Gossip!
[Piuma Dischi]
La nostra recensione

Tornano i bresciani Cara Calma a dimostrare, confermare, ribadire che il rock italiano gode di una salute di ferro. Istintivi, veraci, sfornano altre dieci tracce dal forte impatto, senza scendere a grandi compromessi. Qualche sorpresa (una batteria elettronica, il pianoforte.ma la rabbia resta il sentimento principale, cristallina e mai diluita. Un terzo album essenziale e riuscito nei suoi trentacinque minuti.
(Valentina Natale)

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16. EUGENIA POST MERIDIEM
like I need a tension
[Bronson]
La nostra recensione

I Radiohead di “Kid A” sono nuovamente fonte d’ispirazione per le atmosfere di “crucial spring” mentre “maze of gazes” guarda alle sonorità  del chitarrista londinese Oscar Jerome ed è un piccolo viaggio fuori dalla realtà , “un’esperienza mistica” come l’ha definita Eugenia Fera. Il quartetto livornese dimostra di volersi mettere in gioco, di saperlo e poterlo fare in ventinove minuti di concreta vivacità . Non volevano fare musica banale e ci sono riusciti, “like I need a tension” è un buon viatico per il futuro degli Eugenia Post Meridiem.
(Valentina Natale)

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15. COMANECI
Anguille
[Santeria / Wallace / Tannen]
La nostra recensione

L’anguilla, in parte pesce in parte serpente, animale sfuggente per definizione dà  titolo e nome al nuovo e quinto album dei Comaneci, storica band ravennate fondata da Francesca Amati oggi affiancata da Glauco Salvo e Simone Cavina. L’anguilla rappresenta un enigma chiosa la press release ma anche un simbolo di tenacia, coraggio. Perseveranza e trasformazione sono le parole chiave dell’album, temi cari al terzetto che coinvolge nel progetto ospiti illustri: la voce di Tim Rutili dei Califone serpeggia in una sobria “Loss Of Gravity” mentre l’inquietante baritono di Troy Mytea (Dead Western) trova posto in “Couldn’t Help It”, ballata riflessiva costruita su arpeggi di chitarra deliziosamente sovrapposti.
(Valentina Natale)

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14. WHITEMARY
Radio Whitemary
[42 Records]
La nostra recensione

Le frequenze di “Radio Whitemary” cambiano in continuazione ma la regia è sapiente, il casino non diventa mai confusione fine a se stessa. Divertimento assicurato con dietro un lavoro certosino, maniacale, artigianale, dalle sedici versioni di “Radio” prima di arrivare a quella definitiva coi sample ricantati di Esperanza Spalding, Moses Sumney, Disclosure, Mac Miller al ritmo trascinante di “Sembra Che Tutto” e “Chi Se Ne Frega”. Il mantra “Niente di Regolare”, “(Intervista)” che omaggia Grace Jones e “Presets / Doing Anything” che cita Soulwax trascinano in un mondo dove i collegamenti sono velocissimi e distorti.
(Valentina Natale)

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13. NU GENEA
Bar Mediterraneo
[Carosello]
La nostra recensione

Già  il titolo e l’estiva copertina danno chiara evidenza dell’immaginario di un luogo di commistione in cui far rientrare le diverse combinazioni che popolano l’album , un bar affacciato sul mare vesuviano che filtra fisiologicamente le varie influenze che lo agitano: tradotto, non solo la Napoli anni 70 dell’esplosione della verve funk-progressive,r&b , per dire dei vari noti (Pino Daniele, Napoli Centrale, Esposito, etc, etc), ma l’inserimento delle contaminazioni allargate, cosanguigne, si direbbe un patto di sangue marino con l’afro beat, tanto qui (una su tutte “Rire”), sentori orientaleggianti (“Tienatè”), il magrheb quasi lounge (“Gelbi”), il tutto amalgamato al modo Nu Genea con questi ritmi bassi, non lenti, ma neanche velocissimi che danno omogeneità  al disco, quasi una patina alle canzoni, di un piacere che ispira movimento ma in un mood rilassato.
(Gianni Merlin)

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12. CALIBRO 35
Scacco Al Maestro Vol. 2
[Laboratori Testone]
La nostra recensione

Un gioco, certo, ma un gioco di grande importanza, che, però, possiamo e dobbiamo affrontare senza patemi, senza fobie, senza ossessioni, senza inutili ed assurde sovrastrutture artificiali, facendoci ispirare ed approfondendo, come faceva Ennio Morricone e come fanno i Calibro 35, da quelle che sono le nostre esperienze dirette, con la consapevolezza, però, che lo studio e la stessa sperimentazione non avranno mai fine; questo processo di apprendimento continuo può durare un’intera esistenza, addirittura oltrepassarla e lasciare che altri cuori ed altre intelligenze lo facciano proprio, donando così a queste musiche da film un respiro eterno, estraneo agli schemi politici, economici, sociali o religiosi che, molto spesso, affliggono gli esseri umani, impedendo loro di anelare ai segreti nascosti del Creato.
(Michele Brigante Sanseverino)

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11. EDDA
Illusion
[Ala Bianca]
La nostra recensione

è un lavoro duro, di disillusione e di accettazione dell’insensatezza del tutto, quello che l’esistenza costringe ognuno ad operare su sè stesso: alcuni, si perdono convinti di essersi trovati, altri si ritrovano proprio nell’intuizione che tutta la vita sia costante e continuo smarrirsi. Il significato delle parole, in questo mondo di rovesciamenti, diventa vacillante, quasi inutile e pretenzioso: come nel teatro surrealista del primo Novecento, solo a questo punto le parole si mostrano finalmente per quello che sono, “gusci sonori” tutt’al più portatori di “musicalità ” e non più cocchieri di ermeneutiche fini a sè stesse, capaci solo di ridicolizzare l’uomo che le pronuncia con pretesa assennatezza. La più grande disillusione, insomma, nel rovesciamento carnascialesco dell’esistere, diventa comprendere che tutto sia, in fin dei conti, un’illusione.
(Manuel Apice)

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10. LNDFK
Kuni
[La Tempesta / Bastard Jazz]

Linda Feki in arte LNDFK si era già  fatta notare grazie a un buon numero di singoli ed EP, con “Kuni” realizza un album di grande eleganza in bilico tra jazz, rap ed elettronica. Ritmi dilatati, atmosfere intime e tensioni sperimentali si alternano in trentuno minuti che, complice un film di Takeshi Kitano, rivelano l’anima meno pop e più avventurosa di LNDFK che si conferma artista pura, da tenere d’occhio.
(Valentina Natale)

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9. TUTTI FENOMENI
Privilegio Raro
[42 Records/Epic Records Italy]
La nostra recensione

Giorgio Quarzo Guarascio aveva bisogno di confermare il suo brillante esordio, cosa non facilissima ma che al nostro eroe riesce con incredibile naturalezza, aiutato ancora una volta da Niccolò Contessa che fa un gran lavoro e fa sentire la sua presenza in ogni brano.
Insieme a Lucio Corsi fa parte dei giovani autori nei quali ripongo le maggiori speranze, Tutti Fenomeni è tornato con il piglio giusto, incisivo e mai banale sia nei testi che nelle musiche, per Lucio siamo in attesa trepidante.
Giorgio Quarzo Guarascio è un cantautore con molte frecce nella sua faretra, non è di certo ancora come Franco Battiato, e forse non lo sarà  mai, ma sicuramente è uno dei pochi autori italiani che ha il suo coraggio.
(Fabrizio Siliquini)

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8. DEAD CAT IN A BAG
We’ve Been Through
[Gusstaff Records]

I torinesi Dead Cat In A Bag ad ogni uscita discografica si confermano un gradino sopra la media di tante produzione nostrane, grazie a tutta una serie di componenti che mescolate insieme creano un ibrido originale, dal sound peculiare. “We’ve Been Through” presenta al suo interno una molteplicità  di umori e rimandi, atti a formare un caleidoscopio agrodolce dove per una volta l’ombrosità  non prevale sul resto, lasciando liberi degli spazi ove far entrare dei suggestivi bagliori.
(Gianni Gardon)

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7. BOBBY JOE LONG’S FRIENDSHIP PARTY
Aoh!
[Aldebaran]
La nostra recensione

Al quarto album, l’Oscura Combo Romana, aka BJLFP, alza la posta e si trasforma in un gruppo synth-pop/punk a tutti gli effetti, una specie di incrocio fra Suicide, una goth-band, gli Offlaga Disco Pax e Lando Fiorini. Henry Bowers conquista definitivamente la palma di Andrew Eldritch della Prenestina, coatto al punto giusto per differenziarsi con onore dall’originale. Ne escono perle come l’amara “Chi ha ucciso Laura Palmer?”, la gustosa “Bela Lugosi’s Tanz”, e la truce danza sintetica di “Stuff da Night Starker”, ma l’esame di maturità  è passato a pieni voti e l’album scorre senza riempitivi di sorta.
(And Back Crush)

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6. MARLENE KUNTZ
Karma Clima
[Ala Bianca]
La nostra recensione

E’ stato un ritorno in grande stile quello dei Marlene Kuntz, alfieri del miglior rock italiano emerso negli anni ’90 e giunto cristallino sino ai giorni nostri. E’ cambiata magari la forma, ma non certo l’attitudine e la vena poetica, per non dire di un’ispirazione che, tra le pieghe di “Karma Clima” è parsa davvero quella dei giorni migliori. Lunga vita a Cristiano Godano e soci.
(Gianni Gardon)

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5. MARIO PIGOZZO FAVERO
Mi Commuovo, Se Vuoi
[Dischi Soviet Studio]
La nostra recensione

L’esordio solista di Mario Pigozzo Favero dopo infiniti anni coi Valentina Dorme è un disco denso di storie, personaggi, sfumature, atmosfere. Lucido, malinconico, amaro, come del resto la penna di Favero è sempre stata, abbandona le chitarre e il vestito rock per esplorare il lato più cantautoriale della scrittura in tredici brani taglienti, spiazzanti, che indagano l’umanità  in modo accurato, mai frivolo o scontato.
(Valentina Natale)

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4. ALESSANDRO FIORI
Mi sono perso nel bosco
[42 Records]
La nostra recensione

Un ritorno intensamente poetico quello di Alessandro Fiori dopo sei anni di silenzio composto e inquieto. Brani che mettono in primo piano le emozioni forti e delicate di chi vive la vita lontano dagli schermi e dalle facili distrazioni, accettando le difficoltà  che si presentano giorno per giorno con schiettezza e una fiducia nell’altro sempre più rara.
(Valentina Natale)

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3. CATERINA BARBIERI
Spirit Exit
[light-years]

Una musica mistica, poetica o addirittura fantascientifica che, mentre la si ascolta suggerisce la possibilità  di mondi infiniti, sia dentro che fuori la nostra mente. Musica che si accorda bene con un ascolto notturno sotto ad un cielo stellato. Allo stesso tempo, dal muro di sintetizzatori modulari che dominano l’elettronica di  Caterina Barbieri fuoriesce una ricerca costante della melodia che strega l’ascoltatore.
(Giovanni Davoli)

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2. ALMAMEGRETTA
Senghe
[The Saifam Group]
La nostra recensione

Difficile classificare l’ultimo album degli Almamegretta nella musica italiana, passato inspiegabilmente in sordina. Il sound, infatti, è il solito crocevia tra dub, roots reggae, elettronica d’ambiente con la tipica melodicità  napoletana, di ampio respiro internazionale, che non stonerebbe nelle playlist coi Massive Attack, Tricky, Jah Whobble e similari. Raiz (tornato in pianta stabile) e soci invece di fare il compitino ed aggiungere semplicemente un nuovo disco, hanno voluto scrivere un nuovo capitolo aggiungendo nuove trame e sviluppando le sonorità  anche verso territori danzerecci e dubstep (“Ben Adam”, “Make it Work”) aggiungendo qua e la il cantato in inglese, cosa non nuova per l’anima migrante della band. Così facendo hanno abbattuto vari muri scavando delle profonde crepe negli stessi, che è anche il significato di “Senghe” in dialetto napoletano. Prezioso il contributo di Paolo Baldini, bassista e producer, che ha dato ulteriore profondità  ad un suono già  molto scavato verso il basso.
(Bruno De Rivo)

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1. C’MON TIGRE
Scenario
[Intersuoni]
La nostra recensione

I C’mon Tigre hanno una serie di qualità  che li rende unici, la prima sicuramente che sono una delle poche band italiane con un reale valore internazionale che si realizza nel sound e nella scelta dei collaboratori, attraverso loro la musica diventa anche espressione grafica, una capacità  di colpire nel segno davvero sorprendente.
Riconoscimenti che non tardano ad arrivare, recentemente hanno vinto il premio come miglior video musicale per “Twist Into Any Shape” al the London International Animation Festival 2022, superando rivali come The Smile, Fleet Foxes, Gorillaz, Animal Collective e Mogwai.
“Scenario” è un lavoro fantastico e incredibile, a partire dalla copertina fino all’ultima nota.
(Fabrizio Siliquini)

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Grafica: Luca Morello