Continua il duro percorso di riadattamento alla vita quotidiana del burbero Tony, al quale un cancro ha strappato la dolce moglie e la ragion di vivere.

Interpretato da un Gervais (che ha anche scritto e diretto la serie) caustico come sempre, Tony ha smesso di offendere ogni malcapitato che incontra sulla sua strada (facendo le dovute eccezioni quando proprio se lo meritano), ma è ancora ben lontano dalla “guarigione” auspicata da amici e colleghi. I pensieri suicidi ancora lo sfiorano e una voglia di vivere piena e compiuta è ancora un miraggio.

Tra gag spietate, politically correct praticamente inesistente (si arriva a sentir l’analista raccontare di un amico che ha scopato un nano perchè “è come scopare un bambino, ma legale“), “After Life” è capace però di toccare inusitate vette di dolcezza e compassionevolezza. Sacro e profano, dolce e amaro, lieve e greve, convivono in Tony come nei migliori monologhi del suo creatore e interprete Ricky Gervais.

Al solito è prezioso il cast di contorno, che da Postman Pat al terribile, grottesco therapist, mette insieme maschere satiriche di gran spessore e immediatezza.
Molto bella, al solito, la selezione di canzoni che chiudono gli episodi.

Tornare nell’immaginaria, insolitamente (per l’Inghilterra) assolata Tambury per una terza stagione sarà  un piacere.