Connan Mockasin è uno strano personaggio che si è fatto strada passo dopo passo nel variegato mondo del pop psichedelico. Neozelandese doc, è diventato in poco meno di dieci anni di onorata carriera uno dei collaboratori preferiti di Charlotte Gainsburg (per lei ha composto “Out Of Touch”), finendo per dividere il palco con Micachu & The Shapes e i Radiohead (di cui ha aperto i concerti in Australia e Nuova Zelanda). “Caramel”, nuovo album solista per Mockasin dopo lo split della band che lo ha lanciato (i Connan & The Mockasins), esce a tre anni di distanza da “Please Turn Me Into The Snat” e a due da quel “Forever Dolphin Love” che di “Snat” era praticamente la ristampa per il mercato europeo, con l’aggiunta di un gustoso secondo disco di inediti e remix. Due album che hanno spiazzato un po’ tutti con la loro mistura di psych pop, jazz, pop da camera in pieno stile Dent May, innocenza quasi infantile e una sensualità  ora ingenua ora oscura che li rendeva difficilissimi da classificare.

“Caramel” rappresenta la naturale evoluzione di “Forever Dolphin Love”: stessi toni tranquilli e rilassati, vivacizzati da quel falsetto portato all’estremo, maltrattato con mille effetti diversi, che ogni tanto fa sembrare Connan il figlio illegittimo dell’ultimissimo Prince (quello, per capirci, di “Breakfast Can Wait”). Ma va anche oltre, lasciandosi contagiare spesso e volentieri dal soul più sperimentale (“I Wanna Roll With You”, “Why Are You Crying?”), dal funk e dall’elettronica più raffinata (“Caramel”). Elementi che Mockasin dosa a volte con sapienza (il minimalismo sonoro di “Nothing Lasts Forever”, “Do I Make You Feel Shy?”), in altre invece dimostra di possedere quel briciolo di follia che lo rende simile ai già  citati Micachu & The Shapes, anche se ogni tanto esagera un po’ come nel singolo “I’m The Man That Will Find You”.

E’ un artista eccentrico ed eclettico, Connan Mockasin. Qualità  che emergono soprattutto nei campionamenti stravaganti e nell’anima confidenziale delle cinque parti di una “It’s Your Body” che, forse più di ogni altra canzone del disco, rappresenta le molteplici identità  di questo neozelandese sui generis che non sceglie mai la strada più semplice nè quella più frequentata dai colleghi ma preferisce far lavorare la fantasia. “Caramel” non è un ascolto per tutte le orecchie, come del resto non lo erano “Please Turn Me Into The Snat” e “Forever Dolphin Love”. Un album intrigante e straniante, meno sorprendente e innovativo di quelli che lo hanno preceduto, ma in cui Mockasin comunque conferma di essere un musicista di talento e un songwriter di razza.

Credit Foto: Sam Kristofski