Che il rock sia morto è una grande bugia, ma se mi guardo intorno penso che ci stia offrendo già  da un po’ il suo profilo peggiore. Andando a ritroso di poche settimane e rimuginando sulla mia classifica di fine anno, mi rendo conto di quanto certe sonorità  siano scivolate via dalle mie preferenze e non certo perchè non mi piacciano più in assoluto. Oggi mi risulta difficile essere preso a schiaffi da qual misto di sporcizia, sangue e sudore che certi dischi dovrebbero vomitarti addosso. Ci pensano i Pontiak a restituirmi “gentilmente” la fiducia nel sacro furore abrasivo del rock con”Innoncence”, nuovo album licenziato dalla Thrill Jockey in questi giorni.

La tripletta iniziale è da spellarsi le mani e ci spedisce a gambe levate con un bel calcio in culo ben assestato; ancora dolorante ma stupidamente felici si ha il tempo di riprendersi con il trittico successivo, quasi una pausa voluta all’interno della scaletta per permettere di riprendere il fiato con i tappeti di synth le le chitarre “floydiane” di “It’s Greatest” e le due ballate folk “Noble Hearts” e “Wildfires”. E’ in questo momento che i fratelli Carney sembrano giocare con le sensazioni dell’ascoltatore, rilassando con soluzioni più pop, sempre che in questi territori sia lecito adottare questa etichetta, preparando poi il terreno all’assalto successivo di chitarre acide e furia stoner con tutte le derive psichedeliche del caso. Altra eccezione è “Darkness Is Coming”, ulteriore ballata che prelude alla chiusura del disco. Non un passo avanti rispetto all’ottimo “Echo Ono” che lo aveva preceduto, nemmeno uno indietro, solo una conferma dello stato di grazia di una band che difficilmente non centra il bersaglio pieno.

Da ascoltare preferibilmente a volume smodato, “Innocence” è quel pugno in faccia che ogni amante del rock dovrebbe bramare. Trasversale, acido e allo stesso tempo fruibile da un’ampia fetta di pubblico, in poco più di mezz’ora di musica da sacrificare al sacro altare del rumore mostra anche quelle carezze subdole che svelano semplicemente l’altra faccia della medaglia. I Pontiak sono semplicemente una band difficile da classificare e noi, che delle classificazioni non ce ne curiamo molto, passiamo ad incassare. Poco importa degli schiaffi, del fango e dei graffi che ne derivano.