Tutto quanto di buono si era visto nelle prime due stagioni di questa serie fenomeno, invero manco tantissimo, era stato già buttato nel cesso da una terza stagione risibile,ma ancora tollerabile nella sua caciaroneria. Questa stagione 4 pone sulla serie una pietra tombale pesante di occasioni mancate e rimpianti.
Un giusto e talvolta eccitante mix di azione, piani architettati al millimetro (alcuni rubati da vecchie serie o film, ma comunque reinterpretati con cognizione di causa), colpi di scena e un messaggio politico obsoleto quanto sempiternamente efficace, la serie era entrata nei cuori di molti. Alcuni suoi simboli (le maschere di Dalì, l’utilizzo di un evergreen di protesta come Bella Ciao) erano addirittura cominciati ad apparire in giro per manifestazioni e movimenti di protesta odierne.
Il più grande rimpianto di “La casa de papel” è proprio questo. Laddove gli sceneggiatori, o più verosimilmente i produttori, potevano far crescere la serie e puntare più in alto in termini di messaggio (proprio approfittando di quello che la serie aveva iniziato a significare più o meno involontariamente), hanno preferito sviluppare una copia carbone delle prime due. Un nuovo attacco dunque, diluito e non risolto in due nuove stagioni estenuanti, mal recitate, inbolsite da lunghissime scene di azione di serie b (o c, o z), retroscena sentimentali patetici. A queste condizioni era meglio lasciar perdere.
Tokyo personaggio più insopportabile della storia della televisione.