All’Orion di Ciampino non ci sono posti liberi per il concerto dei Darkness, la band dei fratelli Justin e Dan Hawkins che, proprio quest’anno, celebra il ventesimo anniversario dell’uscita del popolarissimo album di debutto. E il live romano, così come l’intera tournée in corso, è una vera e propria festa interamente dedicata agli anni d’oro di “Permission To Land”. Tutte le sedici canzoni proposte al pubblico capitolino, infatti, risalgono al periodo più fortunato del gruppo britannico.
Non solo le dieci tracce tratte dall’esordio ma anche una sfilza di B-side, rarità e curiosità vengono date in pasto agli spettatori di un Orion completamente sold out. Sul palco i Darkness si divertono e fanno divertire con un Justin Hawkins davvero incontenibile: palleggia con i plettri, suona la chitarra dietro la schiena, coi denti e con una gamba davanti al manico, firma autografi, fa salire sul palco un ragazzino chiamato Federico, celebra la sessualità fluida, si infila un reggiseno sulle spalle e si improvvisa motivatore per invitare il pubblico a non trascorrere tutta la serata con lo smartphone in mano per fare video. E l’appello funziona alla perfezione perché, subito dopo le magiche parole, quasi tutti i cellulari si spengono e tornano nelle tasche.
Il concerto è coinvolgente e incredibilmente divertente. Per quanto riguarda la resa sonora, impossibile non fare i complimenti ai tecnici dei Darkness perché l’acustica nell’Orion è davvero buona. Una bella sorpresa, considerando il fatto che in passato non poche band rock hanno faticato negli spazi angusti della ex discoteca in zona Roma sud. La band britannica invece fa la sua porca figura nell’affollatissima sala ciampinese, esaltando i presenti con un sound definito e una bella scaletta composta da classici e meno classici.
I fan chiedono a gran voce canzoni dagli album più recenti ma gli appelli cadono nel vuoto. Tutto il live ruota attorno all’era di “Permission To Land”, ancora oggi il disco più celebre e amato dei Darkness. Si parte con il botto con “Black Shuck”, “Get Your Hands Off My Woman” e “Growing On Me” per poi continuare con i singoli di successo (“Friday Night” e l’attesissima “Love Is Only A Feeling”) e vere e proprie chicche come la popolare cover di “Street Spirit” dei Radiohead, “The Best Of Me”, “Makin’ Out” e persino le stravaganti B-side “Curse Of The Tollund Man” (con Justin Hawkins alle tastiere e il roadie Softy alla chitarra solista) e “I Love You 5 Times”, proposta nel bis in una versione decisamente estesa con tutti i membri del gruppo in vestaglia e alle prese con altri strumenti (il bassista Frankie Poullain alla chitarra acustica, il batterista Rufus Taylor al basso e il chitarrista Dan Hawkins alla batteria).
Tra i momenti salienti del concerto la canzone più attesa della serata, ovvero “I Believe In A Thing Called Love”, la coinvolgente power ballad “Holding My Own” e un’esplosiva e lunghissima “Love On The Rocks With No Ice”, posta in chiusura e resa ancor più memorabile dallo spettacolo di un Justin Hawkins che riesce a suonare un assolo di chitarra mentre si fa trasportare sulle spalle dall’amico Softy in mezzo alla folla accalcata sotto il palco. Difficile avanzare critiche negative nei confronti di questi Darkness un po’ nostalgici e autocelebrativi, protagonisti indiscussi di una grande festa all’insegna dell’hard rock più energico e melodico.